Stasera vado a controllare se ciò che Grazzini ha scritto 40 anni fa sulle pagine del Corriere della Sera è vero.
lunedì 31 gennaio 2011
Il conformista
Stasera vado a controllare se ciò che Grazzini ha scritto 40 anni fa sulle pagine del Corriere della Sera è vero.
domenica 30 gennaio 2011
giovedì 27 gennaio 2011
sabato 22 gennaio 2011
Quei comunisti prima di Berlusconi
Sui novant’anni dalla fondazione del PCI si è aperta a Roma una bellissima mostra. Sono andato a vederla e mi sono commosso.
È così: e finisce che non riesco mai completamente a disfarmi del bagaglio delle domande. Piuttosto me le porto dietro, appiccicate come una seconda pelle.
Volente o nolente: perché il mio percorso di oggi è anche lo specchio del mio passato. Ed è un peccato che il mio passato non se ne stia buono là dove se ne dovrebbe stare, come un anziano cane che ti ha accompagnato per una vita e ora non si muove più dalla sua cuccia.
Ecco, una delle domande che più mi rovista dentro riguarda il senso del mio cammino politico. Mio e di milioni e milioni di persone che con me, negli anni, nei decenni, hanno coltivato quell’enorme speranza - com’altro chiamarla? - cristallizzata in un termine che per altri racchiudeva invece un incubo.
Una parola sola: comunismo.
Sì, lo so che oggi non è particolarmente di moda dirlo, se non nella forma dell’abiura.
Io però lo dico: una volta, qualche tempo fa, ero comunista.
Sono nato in una famiglia comunista, ho frequentato una scuola di partito comunista, sono stato militante comunista, sindaco comunista di Cortona, assessore comunista della Toscana... Da giovane ho distribuito migliaia di volantini. Ho trascorso notti intere in discussioni, fino a che gli occhi non si chiudevano per la stanchezza e gli eccessi da tabacco. Ho partecipato a congressi e assemblee, direttivi e attivi, riunioni di sezione e feste dell’Unità, e quant’altro, quanto davvero, tanto che se ora mi guardo indietro la mia vita mi pare un fiume di parole in piena... Sono stato per anni nel Comitato Centrale del PCI . Ho conosciuto uomini che hanno fatto la storia di questo paese. Uomini come Enrico Berlinguer. Ho persino incontrato Gorbaciov.
Ho studiato ho parlato, ho scherzato, mi sono accapigliato e poi mi sono riappacificato da comunista.
E poi, cosa è successo?
O peggio ancora: e adesso?
Non voglio dire che parlo solo della miseria umana e morale in cui Berlusconi ha trascinato il mio paese, è ovvio.
E questo non è il passato che posso elegantemente liquidare con una nuova tessera, una nuova appartenenza. Potrei farlo, dovrei farlo, ma non basta.
Perché qui c’è la vita in ballo: la mia vita.
La mia vita e, assieme, una gigantesca tragedia: quella dei paesi che sono stati attraversati, o meglio dire schiacciati, da quel socialismo "reale" tanto crudelmente diverso dal socialismo dei miei sogni.
Ecco, questo è stato un buon motivo per partire e scrivere libri.
Dalle macerie del muro di Berlino verso l’Est europeo e poi verso l’Asia. E quindi ancora dalla Cina di oggi, falce e martello e capitalismo rampante, fino ai Balcani del muro contro muro di popoli e religioni.
Un viaggio a ritroso, alla ricerca di tracce di passato, fallimenti e delusioni della grande utopia comunista
Ma anche il viaggio di chi, per anni, nell’età dei conflitti, ha creduto che in quella utopia si annidassero libertà e democrazia, la giustizia assieme all’eguaglianza.
Il viaggio è in corso, ma nel mio bagaglio c’è interamente la grande esperienza che ho trascorso nel PCI. Un grande partito democratico e nazionale che nulla aveva a che fare con le tragedie del comunismo ma i suoi silenzi e, per troppi anni, la mancanza di coraggio, lo hanno travolto nel suo fallimento.
Il comunismo è fallito, va bene: e poi?
Le ragioni che hanno alimentato il comunismo, e che il comunismo ha ridotto a torto, non è che siano venute meno. Bobbio lo diceva benissimo già nel 1989, con le macerie del muro di Berlino ancora fumanti.
«La democrazia ha vinto la sfida sul comunismo storico ammettiamolo. Ma con quali mezzi e con quali ideali si dispone ad affrontare gli stessi problemi da cui era nata la sfida comunista? Ora che di barbari non ce ne sono più che cosa sarà di noi senza barbari?»
Già: cosa sarà di noi?
Sono passati più di venti anni e a questa domanda ancora non ho una risposta.
Non ho una risposta in questa Italia immobile e ingiusta. Dove ai giovani è stato rubato il futuro, dove un vecchio affetto da satiriasi compulsiva, accerchiato da una corte di ruffiani e papponi, urla contro la magistratura e nasconde il paese reale dietro la vergogna dei suoi festini e delle sue menzogne.
Però ho ben presente anche un’esortazione che non ha perso di attualità. Ancora una volta, sono parole di Bertolt Brecht:
«Cambia il mondo, ce n’è bisogno».
È così: e finisce che non riesco mai completamente a disfarmi del bagaglio delle domande. Piuttosto me le porto dietro, appiccicate come una seconda pelle.
Volente o nolente: perché il mio percorso di oggi è anche lo specchio del mio passato. Ed è un peccato che il mio passato non se ne stia buono là dove se ne dovrebbe stare, come un anziano cane che ti ha accompagnato per una vita e ora non si muove più dalla sua cuccia.
Ecco, una delle domande che più mi rovista dentro riguarda il senso del mio cammino politico. Mio e di milioni e milioni di persone che con me, negli anni, nei decenni, hanno coltivato quell’enorme speranza - com’altro chiamarla? - cristallizzata in un termine che per altri racchiudeva invece un incubo.
Una parola sola: comunismo.
Sì, lo so che oggi non è particolarmente di moda dirlo, se non nella forma dell’abiura.
Io però lo dico: una volta, qualche tempo fa, ero comunista.
Sono nato in una famiglia comunista, ho frequentato una scuola di partito comunista, sono stato militante comunista, sindaco comunista di Cortona, assessore comunista della Toscana... Da giovane ho distribuito migliaia di volantini. Ho trascorso notti intere in discussioni, fino a che gli occhi non si chiudevano per la stanchezza e gli eccessi da tabacco. Ho partecipato a congressi e assemblee, direttivi e attivi, riunioni di sezione e feste dell’Unità, e quant’altro, quanto davvero, tanto che se ora mi guardo indietro la mia vita mi pare un fiume di parole in piena... Sono stato per anni nel Comitato Centrale del PCI . Ho conosciuto uomini che hanno fatto la storia di questo paese. Uomini come Enrico Berlinguer. Ho persino incontrato Gorbaciov.
Ho studiato ho parlato, ho scherzato, mi sono accapigliato e poi mi sono riappacificato da comunista.
E poi, cosa è successo?
O peggio ancora: e adesso?
Non voglio dire che parlo solo della miseria umana e morale in cui Berlusconi ha trascinato il mio paese, è ovvio.
E questo non è il passato che posso elegantemente liquidare con una nuova tessera, una nuova appartenenza. Potrei farlo, dovrei farlo, ma non basta.
Perché qui c’è la vita in ballo: la mia vita.
La mia vita e, assieme, una gigantesca tragedia: quella dei paesi che sono stati attraversati, o meglio dire schiacciati, da quel socialismo "reale" tanto crudelmente diverso dal socialismo dei miei sogni.
Ecco, questo è stato un buon motivo per partire e scrivere libri.
Dalle macerie del muro di Berlino verso l’Est europeo e poi verso l’Asia. E quindi ancora dalla Cina di oggi, falce e martello e capitalismo rampante, fino ai Balcani del muro contro muro di popoli e religioni.
Un viaggio a ritroso, alla ricerca di tracce di passato, fallimenti e delusioni della grande utopia comunista
Ma anche il viaggio di chi, per anni, nell’età dei conflitti, ha creduto che in quella utopia si annidassero libertà e democrazia, la giustizia assieme all’eguaglianza.
Il viaggio è in corso, ma nel mio bagaglio c’è interamente la grande esperienza che ho trascorso nel PCI. Un grande partito democratico e nazionale che nulla aveva a che fare con le tragedie del comunismo ma i suoi silenzi e, per troppi anni, la mancanza di coraggio, lo hanno travolto nel suo fallimento.
Il comunismo è fallito, va bene: e poi?
Le ragioni che hanno alimentato il comunismo, e che il comunismo ha ridotto a torto, non è che siano venute meno. Bobbio lo diceva benissimo già nel 1989, con le macerie del muro di Berlino ancora fumanti.
«La democrazia ha vinto la sfida sul comunismo storico ammettiamolo. Ma con quali mezzi e con quali ideali si dispone ad affrontare gli stessi problemi da cui era nata la sfida comunista? Ora che di barbari non ce ne sono più che cosa sarà di noi senza barbari?»
Già: cosa sarà di noi?
Sono passati più di venti anni e a questa domanda ancora non ho una risposta.
Non ho una risposta in questa Italia immobile e ingiusta. Dove ai giovani è stato rubato il futuro, dove un vecchio affetto da satiriasi compulsiva, accerchiato da una corte di ruffiani e papponi, urla contro la magistratura e nasconde il paese reale dietro la vergogna dei suoi festini e delle sue menzogne.
Però ho ben presente anche un’esortazione che non ha perso di attualità. Ancora una volta, sono parole di Bertolt Brecht:
«Cambia il mondo, ce n’è bisogno».
(Tito Barbini, 22 gennaio 2011)
domenica 16 gennaio 2011
Adige in piena (un altro sogno)
Ero a Trento, ospite da amici ma non ricordo chi fossero.
Era morto un loro amico o conoscente. Non ricordo bene. Ma sicuramente era una persona non dico importante ma conosciuta da tutta la comunità.
Uno dei miei conoscenti è andato al funerale mentre io sono tornato dentro un enorme albergo-dormitorio, forse in cerca di A. e C.
Ho trovato un altro conoscente che stava facendo una colletta per la famiglia del defunto.
Volevo aggregarmi, così ho chiesto quanto pìu o meno avessero offerto gli altri per offrire anche io una cifra simile.
Mentre consultavamo la lista L. da distante mi ha detto che non occorreva che mettessi una cifra, perchè noi ci aggregavamo ad Aldo che stava facendo qualcosa anche lui.
Così ho dato una rapida ultima occhiata alla lista e ho notato che sebbene le cifre fossero espresse in Euro (ho visto dei 50, dei 40, dei 10, etc...) il simbolo vicino all'importo non era € ma L di Lire. Mi sono detto che forse utilizzavano un vecchio modulo prestampato di quando c'erano ancora le lire.
Mi sono messo alla ricerca di Aldo per chiedergli che cosa avesse preparato.
Ma penso che Aldo stesse dormendo in una qualche stanza di quell'enorme e incasinato albergo.
Era una struttura su diversi piani, senza corridoi, tutta di legno.
Il legno era vecchio. Certe volte non erano lastre di legno ma veri e propri tronchi cilindrici e neppure troppo levigati.
Mi sono messo a salire per le scale e ad ogni piano che raggiungevo mi addentravo in corridoi e poi risalivo per altre scale e così via.
Mentra facevo questo viaggio all'interno di questa struttura che, vista la mancanza di finestre assomigliava sempre di più ai ponti interni di una enorme nave e io la stavo risalendo dall'ultimo ponte più in basso verso il primo più in alto alla ricerca dell'aria aperta, mi dicevo che da qualche parte, in una delle cabine di quella nave ci dovevano essere anche A e C. ma chissà dove erano.
Ad un certo punto sono finalmente arrivato all'esterno e ho notato preoccupato che nel punto dove sono sbucato c'era il bordo della nave che era quasi sommerso dall'acqua. Non era il mare ma l'Adige in piena.
Ho continuato a salire sul cassero della nave, sempre fatto di tronchi grezzi di legno. Ho continuato forse per un minuto e mi sono accorto che ero quasi sott'acqua e stavo affondando con il resto della nave.
Ho immagazzinato quanta più aria potessi nei polmoni e aggrappandomi ai pioli della scala di legno ho cominciato a ridiscendere alla ricerca di A. e C.
Mentre scendevo e scendevo ero terrorizzato di non trovarle e non salvarle.
E quando la scala a pioli è finita perchè sono arrivato su un ponte mi sono reso conto che per scendere ancora avrei dovuto percorrere dei corridoi e cercare le scale tradizonali. Ma sott'acqua col buio non le avrei mai trovate e mi sarei perso nei dedali dei ponti della nave e sarei annegato anche io.
Tristemente ho deciso di abbandonare la ricerca e sempre aggrappato ai pioli di legno ho ricominciato a salire per mettermi in salvo.
Ma la scala non finiva mai e l'acqua era sempre più fredda e torbida e io cominciavo a non avere più aria nei polmoni e ...
Pensavo di morire o di essere già morto perché tutto era nero, senza luce, e nulla si muoveva e non si vedeva e sentiva niente.
E improvvisamente invece mi sono svegliato dentro una barchina stretta e minuscola di legno (forse era il cassero della nave) che sfrecciava come un proiettile dentro i tunnel della metropolitana che portano i passeggeri verso i binari.
Aggrappato a questo guscio di noce che stava perdendo velocità ma che sfrecciava comunque veloce pensavo dentro di me che qualche meccanismo di sicurezza dell'Adige doveva aver agganciato il cassero e averlo depositato nel sistema della metro.
Il veloce guscio di noce sfrecciava impazzito nei tunnel. Alcuni pedoni vedendolo arrivare riuscivano a scansarsi all'ultimo momento per non essere investiti.
Tutti i pedoni mi guardavano stupiti, non capendo chi fossi e perché fossi lì.
Una persona di spalle che guidava un carrello non mi ha visto e il guscio di noce lo ha investito.
ma non si è fatta troppo male perché oramai il guscio aveva rallentato parecchio e poi si è fermato.
Alcuni pedoni, i meno stupiti, si sono messi a battere le mani, come l'inizio di un applauso.
E mi sono svegliato.
Era morto un loro amico o conoscente. Non ricordo bene. Ma sicuramente era una persona non dico importante ma conosciuta da tutta la comunità.
Uno dei miei conoscenti è andato al funerale mentre io sono tornato dentro un enorme albergo-dormitorio, forse in cerca di A. e C.
Ho trovato un altro conoscente che stava facendo una colletta per la famiglia del defunto.
Volevo aggregarmi, così ho chiesto quanto pìu o meno avessero offerto gli altri per offrire anche io una cifra simile.
Mentre consultavamo la lista L. da distante mi ha detto che non occorreva che mettessi una cifra, perchè noi ci aggregavamo ad Aldo che stava facendo qualcosa anche lui.
Così ho dato una rapida ultima occhiata alla lista e ho notato che sebbene le cifre fossero espresse in Euro (ho visto dei 50, dei 40, dei 10, etc...) il simbolo vicino all'importo non era € ma L di Lire. Mi sono detto che forse utilizzavano un vecchio modulo prestampato di quando c'erano ancora le lire.
Mi sono messo alla ricerca di Aldo per chiedergli che cosa avesse preparato.
Ma penso che Aldo stesse dormendo in una qualche stanza di quell'enorme e incasinato albergo.
Era una struttura su diversi piani, senza corridoi, tutta di legno.
Il legno era vecchio. Certe volte non erano lastre di legno ma veri e propri tronchi cilindrici e neppure troppo levigati.
Mi sono messo a salire per le scale e ad ogni piano che raggiungevo mi addentravo in corridoi e poi risalivo per altre scale e così via.
Mentra facevo questo viaggio all'interno di questa struttura che, vista la mancanza di finestre assomigliava sempre di più ai ponti interni di una enorme nave e io la stavo risalendo dall'ultimo ponte più in basso verso il primo più in alto alla ricerca dell'aria aperta, mi dicevo che da qualche parte, in una delle cabine di quella nave ci dovevano essere anche A e C. ma chissà dove erano.
Ad un certo punto sono finalmente arrivato all'esterno e ho notato preoccupato che nel punto dove sono sbucato c'era il bordo della nave che era quasi sommerso dall'acqua. Non era il mare ma l'Adige in piena.
Ho continuato a salire sul cassero della nave, sempre fatto di tronchi grezzi di legno. Ho continuato forse per un minuto e mi sono accorto che ero quasi sott'acqua e stavo affondando con il resto della nave.
Ho immagazzinato quanta più aria potessi nei polmoni e aggrappandomi ai pioli della scala di legno ho cominciato a ridiscendere alla ricerca di A. e C.
Mentre scendevo e scendevo ero terrorizzato di non trovarle e non salvarle.
E quando la scala a pioli è finita perchè sono arrivato su un ponte mi sono reso conto che per scendere ancora avrei dovuto percorrere dei corridoi e cercare le scale tradizonali. Ma sott'acqua col buio non le avrei mai trovate e mi sarei perso nei dedali dei ponti della nave e sarei annegato anche io.
Tristemente ho deciso di abbandonare la ricerca e sempre aggrappato ai pioli di legno ho ricominciato a salire per mettermi in salvo.
Ma la scala non finiva mai e l'acqua era sempre più fredda e torbida e io cominciavo a non avere più aria nei polmoni e ...
Pensavo di morire o di essere già morto perché tutto era nero, senza luce, e nulla si muoveva e non si vedeva e sentiva niente.
E improvvisamente invece mi sono svegliato dentro una barchina stretta e minuscola di legno (forse era il cassero della nave) che sfrecciava come un proiettile dentro i tunnel della metropolitana che portano i passeggeri verso i binari.
Aggrappato a questo guscio di noce che stava perdendo velocità ma che sfrecciava comunque veloce pensavo dentro di me che qualche meccanismo di sicurezza dell'Adige doveva aver agganciato il cassero e averlo depositato nel sistema della metro.
Il veloce guscio di noce sfrecciava impazzito nei tunnel. Alcuni pedoni vedendolo arrivare riuscivano a scansarsi all'ultimo momento per non essere investiti.
Tutti i pedoni mi guardavano stupiti, non capendo chi fossi e perché fossi lì.
Una persona di spalle che guidava un carrello non mi ha visto e il guscio di noce lo ha investito.
ma non si è fatta troppo male perché oramai il guscio aveva rallentato parecchio e poi si è fermato.
Alcuni pedoni, i meno stupiti, si sono messi a battere le mani, come l'inizio di un applauso.
E mi sono svegliato.
martedì 11 gennaio 2011
Hereafter
Qualche giorno fa sono andato a vedere Hereafter di Clint Eastwood. A me è piaciuto parecchio. L'ho perciò suggerito ad un conoscente, ma mi ha risposto che non gli piace per niente Eastwood e che, comunque, in giro si dice che il film è proprio brutto. Ho verificato. In effetti ne parlano male sia qui CAPOLAVORO A CHI? che qui Hereafter – il paradiso secondo Clint Eastwood e anche qui Nuovo cinema paraculo/Hereafter. A me è piaciuto e lo ridico (ma faccio parte di quella cricca di persone a cui piacciono quasi tutti i film di Eastwood regista). Poi ognuno, se vuole spendere 5-8 Euri, potrà giudicare di persona assistendo alla proiezione, oppure fermarsi al giudizi degli altri e non vedere il film.
sabato 8 gennaio 2011
Baker Street
Windin' your way down on Baker Street
Light in your head and dead on your feet
Well another crazy day
You'll drink the night away
And forget about everything
This city desert makes you feel so cold.
It's got so many people but it's got no soul
And it's taking you so long
To find out you were wrong
When you thought it had everything
You used to think that it was so easy
You used to say that it was so easy
But you're tryin'
You're tryin' now
Another year and then you'll be happy
Just one more year and then you'll be happy
But you're cryin'
You're cryin' now
Way down the street there's a lad in his place
He opens the door he's got that look on his face
And he asks you where you've been
You tell him who you've seen
And you talk about anything
He's got this dream about buyin' some land
He's gonna give up the booze and the one night stands
And then he'll settle down there's a quiet little town
And forget about everything
But you know he'll always keep movin'
You know he's never gonna stop movin
Cus he's rollin'
He's the rollin' stone
And when you wake up it's a new mornin'
The sun is shinin' it's a new morning
You're goin'
You're goin' home.
(Gerry Rafferty, 1978)
giovedì 6 gennaio 2011
Un sogno in una notte agitata
Ho avuto una notte agitata.
Non riuscivo a prendere sonno.
Il cervello rincorreva sempre nuovi pensieri.
Alla fine verso l'una mi sono addormentato, per poi risvegliarmi alle 3 e mezza.
Guardando l'orologio mi sono detto che forse, se mi fossi riaddormentato, avrei potuto dormire un'altra oretta prima che la sveglia suonasse alle 4:45 per andare a Treviso.
È una giornata di festa.
Inizio estate e caldo.
Le mura in terrapieno assomigliano a quelle di Lucca e di Treviso, ma la città ha un che di Pisa.
Sono solo. Forse le bimbe sono con la madre.
Sono ad un colloquio di lavoro.
La società sembra giovane ma le persone sono interessanti e pure il lavoro.
Sembrano interessati a prendermi.
Domando della possibile retribuzione ad una anziana signora, simpatica, elegantemente vestita, che mi ricorda la madre di E. che sta a Varese.
Mi domanda quanto prendo io adesso.
Le rispondo sorridendo che non si risponde ad una domanda con un altra domanda.
Lei mi dice che oggi è la festa della donna e che non dovevo trattare così una signora.
Le dico quanto guadagno adesso.
Mi guarda con un'aria triste.
Avrebbe voluto assumermi, ma non si può permettere quello che io già adesso prendo.
Andiamo nella sala riunioni dove c'è un PC e lei studia il bilancio della sua ditta.
Mi chiede se potessi andare da loro per qualcosa in meno.
Poi lei stessa afferma che non è possibile.
È simpatica e mi dispiace non andare da loro.
Mi riavvio verso casa.
È scoppiato un grosso temporale e io e lei corriamo a piedi fradici sotto la pioggia monsonica.
Si offre di accompagnarmi in macchina ma rifiuto perché tanto abito vicino.
Correndo giù per il pendio delle mura, mentre l'acqua scrosciante mi ha completamente inzuppato, vedo una cinquecento che, uscendo da una strada laterale, si avvia verso il centro della via e non si accorge che ci sono dei lavori in corso.
Finisce in una buca profonda piena d'acqua e forse le persone dentro annegheranno.
Passo vicino alla buca e per uno-due lunghi secondi faccio finta di niente.
Poi torno indietro e mi butto dentro la fossa dove la cinquecento è completamente sommersa dall'acqua.
Vedo attraverso la porta a vetri della cinquecento (che strano una cinquecento con una enorme porta a vetro!) che l'occupante non riesce ad aprirla e sta affogando.
Apro la porta dall'esterno e trascino fuori il guidatore.
È una donna completamente nuda (una guida la cinquecento completamente nuda?).
Tento di rianimarla, ma sembra morta.
Grido a quelli che sono venuti vicino di chiamare un'ambulanza e intanto mi rifiondo sott'acqua dentro la cinquecento per vedere se c'è qualcun altro.
La macchina è pienda di statue in cartongesso, ma non c'è nessun altro.
Torno fuori.
La donna nuda distesa per terra non da segni di vita.
Vorrei tanto aver studiato qualcosa di Pronto Soccorso per poterla rianimare ma non so che fare.
Dopo qualche secondo vedo che che sussulta e tossisce.
Mi avvicino per aiutarla a buttar fuori l'acqua dai polmoni.
Sono contento che sia viva.
Mi sveglio.
Sono le 4:30.
Sotto le coperte rimugino a lungo su questo sogno.
Che significato ha?
Cosa sto cercando di dirmi?
Sono le 5:15.
Scrivo questo post e prendo l'auto verso Treviso.
Non riuscivo a prendere sonno.
Il cervello rincorreva sempre nuovi pensieri.
Alla fine verso l'una mi sono addormentato, per poi risvegliarmi alle 3 e mezza.
Guardando l'orologio mi sono detto che forse, se mi fossi riaddormentato, avrei potuto dormire un'altra oretta prima che la sveglia suonasse alle 4:45 per andare a Treviso.
È una giornata di festa.
Inizio estate e caldo.
Le mura in terrapieno assomigliano a quelle di Lucca e di Treviso, ma la città ha un che di Pisa.
Sono solo. Forse le bimbe sono con la madre.
Sono ad un colloquio di lavoro.
La società sembra giovane ma le persone sono interessanti e pure il lavoro.
Sembrano interessati a prendermi.
Domando della possibile retribuzione ad una anziana signora, simpatica, elegantemente vestita, che mi ricorda la madre di E. che sta a Varese.
Mi domanda quanto prendo io adesso.
Le rispondo sorridendo che non si risponde ad una domanda con un altra domanda.
Lei mi dice che oggi è la festa della donna e che non dovevo trattare così una signora.
Le dico quanto guadagno adesso.
Mi guarda con un'aria triste.
Avrebbe voluto assumermi, ma non si può permettere quello che io già adesso prendo.
Andiamo nella sala riunioni dove c'è un PC e lei studia il bilancio della sua ditta.
Mi chiede se potessi andare da loro per qualcosa in meno.
Poi lei stessa afferma che non è possibile.
È simpatica e mi dispiace non andare da loro.
Mi riavvio verso casa.
È scoppiato un grosso temporale e io e lei corriamo a piedi fradici sotto la pioggia monsonica.
Si offre di accompagnarmi in macchina ma rifiuto perché tanto abito vicino.
Correndo giù per il pendio delle mura, mentre l'acqua scrosciante mi ha completamente inzuppato, vedo una cinquecento che, uscendo da una strada laterale, si avvia verso il centro della via e non si accorge che ci sono dei lavori in corso.
Finisce in una buca profonda piena d'acqua e forse le persone dentro annegheranno.
Passo vicino alla buca e per uno-due lunghi secondi faccio finta di niente.
Poi torno indietro e mi butto dentro la fossa dove la cinquecento è completamente sommersa dall'acqua.
Vedo attraverso la porta a vetri della cinquecento (che strano una cinquecento con una enorme porta a vetro!) che l'occupante non riesce ad aprirla e sta affogando.
Apro la porta dall'esterno e trascino fuori il guidatore.
È una donna completamente nuda (una guida la cinquecento completamente nuda?).
Tento di rianimarla, ma sembra morta.
Grido a quelli che sono venuti vicino di chiamare un'ambulanza e intanto mi rifiondo sott'acqua dentro la cinquecento per vedere se c'è qualcun altro.
La macchina è pienda di statue in cartongesso, ma non c'è nessun altro.
Torno fuori.
La donna nuda distesa per terra non da segni di vita.
Vorrei tanto aver studiato qualcosa di Pronto Soccorso per poterla rianimare ma non so che fare.
Dopo qualche secondo vedo che che sussulta e tossisce.
Mi avvicino per aiutarla a buttar fuori l'acqua dai polmoni.
Sono contento che sia viva.
Mi sveglio.
Sono le 4:30.
Sotto le coperte rimugino a lungo su questo sogno.
Che significato ha?
Cosa sto cercando di dirmi?
Sono le 5:15.
Scrivo questo post e prendo l'auto verso Treviso.
sabato 1 gennaio 2011
L'anno del recupero
Il 2010 è stato l'anno del recupero.
Però adesso basta.
Da inizio autunno sono addirittura uscito dalla fascia di garanzia 70-75 !
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