Oggi è una giornata così...
The Winter dall'album Rivers Arms dei Balmorhea.
giovedì 29 novembre 2012
domenica 25 novembre 2012
(canzone lagnosa di) novembre
So I'm waiting for this test to end
So these lighter days can soon begin
I'll be alone but maybe more carefree
Like a kite that floats so effortlessly
I was afraid to be alone
Now I'm scared thats how I'd like to be
All these faces none the same
How can there be so many personalities
So many lifeless empty hands
So many hearts in great demand
And now my sorrow seems so far away
Until I'm taken by these bolts of pain
But I turn them off and tuck them away
'till these rainy days that make them stay
And then I'll cry so hard to these sad songs
And the words still ring, once here now gone
And they echo through my head everyday
And I dont think they'll ever go away
Just like thinking of your childhood home
But we cant go back we're on our own
Oh,
But i'm about to give this one more shot
And find it in myself
I'll find it in myself
So were speeding towards that time of year
To the day that marks that you're not here
And i think I'll want to be alone
So please understand if I dont answer the phone
I'll just sit and stare at my deep blue walls
Until I can see nothing at all
Only particles some fast some slow
All my eyes can see is all I know
Ohh..
But I'm about to give this one more shot
And find it in myself
I'll find it in myself
(Azure Ray, 2002)
venerdì 23 novembre 2012
Non insegnate ai bambini
Giorgio
Gaber e Sandro Luporini hanno dato
prova di una lucidità critica fuori dal
comune, un chiaro esempio di pensiero
libero, indipendente e non ideologico,
ricco di un «buonsenso sano». I testi
delle canzoni e dei monologhi contengono
spunti critici tutt’ora attualissimi
nei temi di sempre, ossia il tentativo
di indagare a capire la dimensione
umana, le fatiche, le miserie, le lacerazioni
quotidiane di tutti. Tentativo condotto
sempre con grande sincerità ed
onestà intellettuale.
(Gianni Martini, 2012)
Non insegnate ai bambini
non insegnate la vostra morale
è così stanca e malata
potrebbe far male
forse una grave imprudenza
è lasciarli in balia di una falsa coscienza.
Non elogiate il pensiero
che è sempre più raro
non indicate per loro
una via conosciuta
ma se proprio volete
insegnate soltanto la magia della vita.
Giro giro tondo cambia il mondo.
Non insegnate ai bambini
non divulgate illusioni sociali
non gli riempite il futuro
di vecchi ideali
l'unica cosa sicura è tenerli lontano
dalla nostra cultura.
Non esaltate il talento
che è sempre più spento
non li avviate al bel canto, al teatro
alla danza
ma se proprio volete
raccontategli il sogno di
un'antica speranza.
Non insegnate ai bambini
ma coltivate voi stessi il cuore e la mente
stategli sempre vicini
date fiducia all'amore il resto è niente.
Giro giro tondo cambia il mondo.
Giro giro tondo cambia il mondo.
martedì 20 novembre 2012
Ucraina
Ho appena finito di leggere questo libro.
Ho ricominciato a leggere dopo molti mesi di stasi.
Chi me l'ha regalato evidentemente conosce bene i miei gusti
E sa come farmi ripartire.
Ho apprezzato questo libro in parte per la forma narrativa, ma soprattutto perché mi ha fatto conoscere una realtà, quella della Ucraina, di cui ero assolutamente poco conscio. Mi ero scordato Stalin e la carestia degli anni '30 (ecco che ritornano gli anni '30 della mostra di due giorni fa!). E non sapevo affatto lo stato attuale di quello che era il granaio d'Europa. Entrambe le situazioni mi hanno colpito.
È un libro da leggere e discutere insieme.
domenica 18 novembre 2012
mercoledì 14 novembre 2012
C'è tempo
Una volta avevo paura del tempo.
Una volta guardavo solo indietro.
Adesso le mie frecce verso il futuro
partono dal presente
e dai sentimenti che albergano in me.
C'è sempre tempo per cambiare.
C'è sempre tempo per amare.
C'è sempre tempo per realizzare i nostri progetti.
Che buffi saremo!
Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.
C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.
C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate.
C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.
È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.
Dio, è proprio tanto che piove
e da un anno non torno
da mezz'ora sono qui arruffato
dentro una sala d'aspetto
di un tram che non viene
non essere gelosa di me
della mia vita
non essere gelosa di me
non essere mai gelosa di me.
C'è un tempo d'aspetto come dicevo
qualcosa di buono che verrà
un attimo fotografato, dipinto, segnato
e quello dopo perduto via
senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
la sua fotografia.
C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle
è un giorno che tutta la gente
si tende la mano
è il medesimo istante per tutti
che sarà benedetto, io credo
da molto lontano
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai
accanto a te nuovamente
mano alla mano
che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.
Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.
Una volta guardavo solo indietro.
Adesso le mie frecce verso il futuro
partono dal presente
e dai sentimenti che albergano in me.
C'è sempre tempo per cambiare.
C'è sempre tempo per amare.
C'è sempre tempo per realizzare i nostri progetti.
Che buffi saremo!
Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.
C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.
C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate.
C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.
È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.
Dio, è proprio tanto che piove
e da un anno non torno
da mezz'ora sono qui arruffato
dentro una sala d'aspetto
di un tram che non viene
non essere gelosa di me
della mia vita
non essere gelosa di me
non essere mai gelosa di me.
C'è un tempo d'aspetto come dicevo
qualcosa di buono che verrà
un attimo fotografato, dipinto, segnato
e quello dopo perduto via
senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
la sua fotografia.
C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle
è un giorno che tutta la gente
si tende la mano
è il medesimo istante per tutti
che sarà benedetto, io credo
da molto lontano
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai
accanto a te nuovamente
mano alla mano
che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.
Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.
lunedì 12 novembre 2012
domenica 11 novembre 2012
A Person Becomes Old When His Mind Is More Occupied by Memories Than Aspirations
giovedì 8 novembre 2012
Devo trovare il modo di andare a vederlo
All’ultima Mostra del cinema (era inserito nella sezione
fuori concorso) è sembrato un’apparizione
nella laguna, il vascello fantasma di Daniele Vicari,
La nave dolce, dolce come lo zucchero a bordo del
mercantile che l’8 agosto 1991 scaricò nel porto di Bari
una folla festosa di albanesi, «turisti» che lasciarono case,
spiagge, fabbriche per correre verso il porto di Durazzo
e salire sulla Vlora. Il documentario, che arriva ora in
sala (passaggio abbastanza raro sul nostro mercato) è
un thriller denso di emozioni nella ricostruzione dell’avvenimento
che anticipò
gli sbarchi
sulle coste italiane,
prima grande
prova dei respingimenti
di massa, e
che ci mostra un
«clandestino» gioiosamente
accalcato
sull’imbarcazione,
fin sopra i pennoni,
ragazzi perlopiù
in costume da
bagno, urlanti «Viva l’Italia», spinti dall’idea di libertà e
di un paese conosciuto sugli schermi tv.
Vicari intercala le immagini dell’epoca con le testimonianze
di alcuni di loro che sfuggirono al rimpatrio forzato,
e che ci raccontano come i ventimila (ma nessuno
li contò) viaggiarono stretti l’uno all’altro, cibandosi solo
di zucchero, erano partiti all’improvviso senza portare
nulla con sé. Immagini bibliche, una massa di corpi
esultanti che si tuffano in mare per raggiungere la banchina,
e che vengono accolti con stupore dai baresi. Primi
soccorsi, acqua, molti si fingono malati per sfuggire
alla calca e al sole che batte infernale, qualcuno ritrova
amici e fratelli.
E poi la deportazione nello stadio della città, dove
gruppi di violenti sequestrano il cibo lanciato sulla folla,
impossibile distribuirlo diversamente, e l’atmosfera che
si fa cupa, alcuni sfonderanno le porte e fuggiranno. Nel
racconto di un «sopravvissuto», c’è un poliziotto che
piange a sentire la storia del piccolo albanese in cerca di
lavoro e di libertà. Il sindaco di Bari è contrario al trasferimento
nello stadio e propone una tendopoli sul molo,
ma dal ministero arriva l’ordine di spazzarli via, di sequestrare
i 20mila, di ricacciarli indietro. La dolce nave
diventa così uno struggente poema per immagini e parole,
fotogrammi di un reale che ci perseguita, soprattutto
nell’incursione in scena dell’allora presidente della repubblica,
Francesco Cossiga, che in un scena da film
horror si scaglia contro il sindaco di Bari, il disumano e
l’umano, e lo minaccia di ritorsioni perché ha accolto
quei ragazzi, i nostri vicini, i fratelli dell’altra sponda. Sarà
difficile trovare un’inquadratura più crudele e insostenibile.
(Mariuccia Ciotta)
lunedì 5 novembre 2012
Fantasticano con il pennello come ubriachi di hashish
Ieri ho visitato, in compagnia di due signore, la mostra Wassily Kandinsky dalla Russia all'Europa" al Palazzo Blu di Pisa (dal 13 ottobre 2012 al 3 febbraio 2013).
Mi sono rimaste particolarmente impresse tre insiemi di opere: le illustrazioni di Ivan Bilibin, un quadro di Nikolaj Roerich e i vetri di Wassily Kandinsky.
Volga e la guardia armata (Ivan Bilibin, 1902)
acquerello e china su carta, cm 31 x 25
La battaglia dei cieli (Nikolaj Roeric, 1912)
tempera su cartone, cm 66 x 95
Amazzone con i leoni azzurri (Wassily Kandinsky, 1918)
olio su vetro, cm 31,3 x 24,2
Nelle quattro opere su vetro che Kandinsky eseguì in seguito allo scoppiare della prima guerra mondiale - parte nel 1916 a Stoccolma dove raggiunse per l'ultima volta Gabriele Münter che gli aveva organizzato colà una mostra rettrospettiva, e parte a Mosca - egli riprende esplicitamente due temi "passatisti". Da una parte egli ritorna infatti ad uno stile già trattato dieci anni prima servendosi della tecnica dell'acquerello, della tempera o della xilografia. Dall'altra egli si serve qui in modo sperimentale di una tecnica assai viva nell'arte popolare tedesca, soprattutto religiosa, quella della pittura su vetro che tanto interesse avevano suscitato tra il 1909 e il 1913 anche tra i suoi compagni Gabriele Münter, Jawlensky, Mar e Macke, gli artisti che formarono con lui il gruppo del Blaue Reiter.
In un momento in cui Kandinsky era già intento a comporre quadri astratti e di grande rigore geometrico, egli sembra voler accentuare in queste opere che chiamerà scherzosamente Bagatelles, ma che tutte firmerà orgogliosamente con il proprio monogramma, l'aspetto fiabesco da fiaba popolare e il riferimento a quell'arte folclorica che, russa per i contenuti (come dimostrano la raffigurazione dei cavalli, del San Giorgio, degli abiti orientali dei personaggi, delle montagne con le cupole) e tedesca per l'uso della tecnica su vetro, rimarrà sempre, pur tradotta in forme astratte, a fondamento della sua ispirazione.
Quando le mostre meritano io mi emoziono (anche se il mio comportamento esterno da orso polare non lo dà a vedere).
Ieri mi sono doppiamente emozionato: in primo luogo per la qualità della mostra e in secondo luogo perchè dopo molti decenni son tornato a visitare una mostra non da solo bensì in compagnia di una persona che stimo moltissimo (le ultime volte che ero accompagnato da una persona che conosceva così bene me e i miei gusti risaliva agli anni '80 con una amica dei tempi del liceo). Dovrò sicuramente ritornare a vedere questa mostra (ieri purtroppo vista un po' di volata) come altre che mi aspettano nelle prossime settimane a Treviso e Roma.
Ah... Dimenticavo... Il titolo del post è tratto da ciò che la critica d'arte ufficiale pensava del Blaue Reiter:
"Essi non dipingono soltanto i misteri più incomprensibili, ma scrivono anche cose incomprensibili sulla loro arte... fantasticano con il pennello e con la penna come malati di febbre, come morfinomani o come ubriachi di hashish".
domenica 4 novembre 2012
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