lunedì 29 novembre 2010
sabato 27 novembre 2010
martedì 23 novembre 2010
Olimpiadi di matematica - Uno degli esercizi per la 2ª media
Quattro amiche chiaccherano tra di loro.
Anna dice che è la più vecchia.
Clara afferma di non essere ne la più giovane ne la più vecchia.
Laura sostiene che non è la più giovane.
Milena infine dice che è lei la più giovane.
Sapendo che una solo di loro mente scoprite
- chi è che mente,
- chi è la più giovane,
- chi è la più vecchia.
Sembra che solo A. nella sua classe sia riuscito a risolverlo.
Io ci ho messo 30 secondi.
E voi?
Anna dice che è la più vecchia.
Clara afferma di non essere ne la più giovane ne la più vecchia.
Laura sostiene che non è la più giovane.
Milena infine dice che è lei la più giovane.
Sapendo che una solo di loro mente scoprite
- chi è che mente,
- chi è la più giovane,
- chi è la più vecchia.
Sembra che solo A. nella sua classe sia riuscito a risolverlo.
Io ci ho messo 30 secondi.
E voi?
domenica 21 novembre 2010
La Chiesa si rinnova
"Un significativo passo avanti". Così l'agenzia Onu per la lotta all'Aids (Unaids) ha definito le parole di Benedetto XVI che nel libro-intervista La luce del mondo ha affermato che "vi possono essere singoli casi in cui l'uso del preservativo è giustificato".
Il mondo ha fretta continua a cambiare
chi vuol restare a galla si deve aggiornare.
Anche la chiesa che sembra non si muova
ogni tanto ci ripensa e ne inventa una nuova.
E dimostrando un notevole tempismo
ha già tirato fuori un nuovo catechismo.
Dove tutto è più aggiornato, dove tutto è più moderno
e anche a vincere un appalto si rischia l'inferno.
Dov'è condannata ogni forma di magia
ma è un grande peccato anche l'astrologia.
Dove il senso di giustizia è ancora più forte
e talvolta è anche gradita la pena di morte.
E la chiesa si rinnova per la nuova società
e la chiesa si rinnova per salvar l'umanità.
In questo clima di sgomento per il popolo italiano
viene fuori l'acutezza del pensiero vaticano.
E tutti hanno capito che il Papa era un genio
quando ha detto che la mafia è figlia del demonio.
Ma quello che spaventa è il coraggio della CEI
che ha già riabilitato Galileo Galilei.
E adesso se divorzi ti puoi anche risposare
a patto che stai buono e non ti metti a scopare.
Ma il nuovo sacramento per essere senza macchia
va fatto di nascosto e in un'altra parrocchia.
E la chiesa si rinnova per la nuova società
e la chiesa si rinnova per salvar l'umanità.
Da oggi il praticante ha un'altra prospettiva
più allegra e disinvolta direi quasi alternativa
la pillola per ora non può essere accettata
ma è ammessa se prevedi di esser violentata.
E piuttosto che fare uso dei preservativi
è meglio diventare tutti sieropositivi.
E va bene i militari, e va bene i dottori
adesso abbiamo anche i farmacisti obiettori.
D'altronde per la chiesa l'ideale è l'astinenza
che è un po' come l'invito all'autosufficienza.
E la chiesa si rinnova per la nuova società
e la chiesa si rinnova per salvar l'umanità.
Da Roma il Santo Padre ci invia il suo messaggio
è lì ogni domenica a parte quando è in viaggio.
Lui voleva andare in Bosnia l'aveva stra-annunciato
ma all'ultimo momento c'ha un po' ripensato.
Perché l'uomo è santo e pio ma è anche molto scaltro
lui lo sa che morto un Papa se ne fa subito un altro.
E allora ha scritto un libro che è diventato un grosso evento
sarà anche un po' acciaccato ma non sta fermo un momento.
Per il suo decisionismo si può dire, senza offesa
che papa Woitila è il Berlusconi della chiesa.
Una chiesa sempre all'erta, che combatte, fa scintille
e per questo è giusto darle un bell'otto per mille.
Anche se i traffici loschi della Santa Sede
sono parte integrante dei misteri della fede.
E la chiesa si rinnova per la nuova società
e la chiesa si rinnova per salvar l'umanità.
(Giorgo Gaber, Sandro Luporini, 1995)
lunedì 15 novembre 2010
giovedì 11 novembre 2010
La forza del 42 con la bellezza del quine
char*f="char*f=%c%s%c;main(){printf(f,042,f,042,10);}%c";
main(){printf(f,042,f,042,10);}
Quello con il 34 lo inventai io negli anni '80.
Allora non mi accorsi che in realtà il 34 era un 42 mascherato.
martedì 9 novembre 2010
Di peccati non c'è che la stupidità
Ieri sera Vendola.
Un anno e mezzo fa Benigni.
Ho sentito delle polemiche, naturalmente perchè viviamo... Io seguo tutto quello che accade perchè mi piace, diciamo, e do proprio un saluto d'amore a questo paese che amo proprio da morire, ma non è una cosa retorica, bisogna dirlo perchè davvero l'amore ci rende omini liberi. Fatemi dire queste melensaggini che dopo se non le dico dico "ah perchè non le ho dette sono belle a dirsi" no? Ecco, allora, diciamo, quando ci si innamora si diventa omini liberi e allora ho sentito questa polemica sugli omosessuali, diciamo, polemica, questo si è parlato, non so neanche la canzone, non ho seguito neanche tutta questa storia, e allora diciamo, siccome è una storia, quella degli omosessuali che è incredibile perchè va avanti da millenni, da millenni!, gli omosessuali, lo dico con allegria, non sono fuori dal piano di Dio, è una cosa... non è che è un peccato. Di peccato c'è solo la stupidità. Gli omosessuali ci hanno dato dei doni enormi, enormi, e io gli sono grato, così come agli eterosessuali, la stessa cosa, e allora voglio dire, per rendere l'idea di quello che, di cui stiamo parlando, l'assurdità, ma davvero, la ridicolaggine, a volte, voi immaginate gli omosessuali sono stati seviziati, torturati, morti nei campi di concentramento... Sapete perchè? Perchè amavano un'altra persona. Non c'è delitto più infame! Cioè, bisogna immaginarsi gli eterossessuali, la stessa cosa. Allora, mettiamo il caso che un eterosessuale, io, un uomo o una donna, uno di voi, si innamora a diciotto anni, sedici, quindici, all'età che vuole. Focosamente, quella cosa che noi si legge, di una persona. L'uomo di una donna, la donna di un uomo. Se si ribaltassero le cose ad un certo punto, quando uno di voi si innamora, lo prendono, lo torturano e lo uccidono perchè si è innamorato. Quello è il motivo, non ce n'è un altro. Gli omosessuali sono stati torturati perchè amavano un'altra persona, lasciate stare il sesso, sono affari loro, sono due persone adulte, straordinari. Perchè amavano, ma guardate che è un'assurdità, è talmente incredibile che si parli ancora degli omosessuali, incredibile la rozzezza di qualsiasi accenno a cosa che proprio... sono persone che amano! Persone dello stesso sesso non significa niente, non è che finisce la razza come ha detto qualcuno. Sarebbe una scoperta darwiniana, come dice "I dinosauri si sono estinti perchè erano tutti omosessuali". No, no, ci sono altri motivi. Gli omosessuali, ecco, io volevo, siccome nella storia dell'umanità ci hanno fatto dei doni enormi e ci hanno indirizzato delle cose, così come gli eterosessuali, eh, non c'è nessuna differenza, Potrei nominare veramente cinquecento che si rimane stupiti dalla bellezza, no? Ecco, volevo dire, di peccati non c'è che la stupidità. E quando diciamo, ecco, è proprio il sentimento dell'amore che caratterizza gli omosessuali, il piacere è un'altra cosa, ce l'abbiamo anche noi, ma è l'amore! Quando c'è l'amore tutto diventa grande, finisce la mediocrità. Non è la fede, nemmeno la fede rassicura, rassicura solo l'amore. Più della fede.
...
Roberto ha poi letto una lettera di Oscar Wilde, scritta dal carcere, al suo innamorato Alfred Douglas.
Carissimo ragazzo,
questo è per assicurarti del mio amore immortale, eterno, per te. Domani sarà tutto finito. Se la prigione e il disonore saranno il mio destino, pensa che questa idea, il mio amore per te, e questa convinzione ancora più divina, che tu a tua volta mi ami, mi renderanno capace di sopportare le mie sofferenze e spero il mio dolore. Poichè questa idea, anzi la certezza, di incontrarti ancora in un altro mondo, è la meta e l'incoraggiamento della mia vita attuale. Oh, possa io continuare a vivere in questo mondo per questa ragione. Oggi un caro amico mi è venuto a trovare, gli ho dato parecchi messaggi per te. Mi ha detto una cosa che mi ha rassicurato, che a mia madre non mancherà mai niente. Ho sempre provveduto io al suo mantenimento e l'idea che avrebbe potuto soffrire delle privazioni mi rendeva infelice. Quanto a te, grazioso ragazzo dal cuore degno di un cristo, quanto a te, ti prego, non appena avrai fatto tutto quello che puoi fare, non rimanere qui. Non esporti all'Inghilterra per nessuna ragione al mondo. Parti per l'Italia e conquista la tua calma, e componi quelle belle poesie che sai fare tu, con quella strana grazia che ti appartiene. Se un giorno a Corfù o in qualche altra isola incantanta potessimo trovare una casetta dove vivere insieme oh la vita sarebbe più dolce di quanto sia stata mai. Il tuo amore ha ali larghe ed è forte, il tuo amore mi giunge attraverso le sbarre della mia prigione e mi conforta. Il tuo amore è la luce di tutte le mie ore. Se il fato ci sarà avverso qualcuno scriverà, lo so, che ho avuto una cattiva influenza sulla tua vita. Se ciò avverrà, tu scriverai, tu dirai a tua volta che non è vero, il nostro amore è sempre stato nobile e bello, e se io sono stato il bersaglio di una terribile tragedia è perchè la natura di quell'amore non è stata compresa. Tendo le mani verso di te. Oh, potessi vivere per toccare i tuoi capelli e le tue mani! Credo che il tuo amore veglierà sulla mia vita. Il tuo amore è la luce di tutte le mie ore. Se io dovessi morire, voglio che tu viva una vita serena e pacifica in qualche luogo fra fiori e libri e moltissimo lavoro. Fammi avere presto tue notizie, ti scrivo questa lettera in mezzo a grandi sofferenze. Carissimo ragazzo, amatissimo e più amabile, io sono ora come sempre dal giorno in cui ci siamo conosciuti, devotamente il tuo, con amore immortale, Oscar.
venerdì 5 novembre 2010
Credevo non fossero più in vendita
Credevo non fossero più in vendita.
Oggi ne ho viste esposte alcune sulla bancarella di un rigattiere.
Ne ho comperate due.
Erano ancora incellofanate e con il bollino originale della SIAE.
Le ascolterò nell'autoradio, quando sto 3-4 ore in macchina per andare a trovare la mia mamma.
Oggi ne ho viste esposte alcune sulla bancarella di un rigattiere.
Ne ho comperate due.
Erano ancora incellofanate e con il bollino originale della SIAE.
Le ascolterò nell'autoradio, quando sto 3-4 ore in macchina per andare a trovare la mia mamma.
martedì 2 novembre 2010
Il Vero Significato del Perdono
Si parla molto di perdono, soprattutto in ambito spirituale, ma c’è molta confusione riguardo a questo. Che cos’è il perdono veramente?
La vecchia concezione del perdono ci ha insegnato che è l’atto di magnanimità verso qualcun altro da cui si ritiene di aver subito un torto: io ti disapprovo, ti condanno e poi, se sono bravo, ti perdono. Crediamo che il perdono ‘sollevi’ l’altra persona dalle sue colpe. Ma il vero senso del perdono non è questo. Il perdono non ha nulla a che fare con l’altra persona: ha a che fare con noi stessi.
Perdonare significa lasciar andare il passato per poterci dedicare completamente al presente. Significa vivere pienamente il qui e ora. Se non siamo stati capaci di perdonare situazioni o persone del passato, una parte di noi vive ancora imprigionata in quel passato, anche se quelle persone non le abbiamo più viste e quelle situazioni non si sono più verificate. La nostra amarezza per l’accaduto ci accompagnerà per sempre, condizionando la nostra vita presente.
Perdonare significa voltare pagina, non per far star meglio l’altra persona, ma per poter recuperare la nostra energia bloccata (sotto forma di risentimenti, rancori, rimpianti, rabbia, frustrazione, ecc.) e procedere per la nostra strada senza i pesanti fardelli emozionali che il non-perdono comporta. E non commettiamo l'errore di credere che, nel nostro caso, il non-perdono non ci danneggi: se ripensando a quella persona o a quella situazione proviamo una qualche forma di disagio, fosse anche un leggero fastidio, questo significa che quelle emozioni sono ancora dentro di noi e stanno drenando la nostra energia.
C'è poi un altro aspetto che non possiamo ignorare: dietro il non-perdono c’è sempre un’accusa silenziosa che rivolgiamo contro noi stessi. Sempre. Quest’accusa è molto sottile ed è la più difficile da scovare, ma è anche la vera causa (forse l’unica) della nostra sofferenza.
Se ad esempio non perdono qualcuno perché mi ha maltrattato, potrei non perdonare me stesso per averglielo permesso. Se condanno qualcun altro perché ha fatto soffrire una persona a me cara, potrei essere arrabbiato con me stesso perché non sono riuscito a proteggerla come avrei voluto. Se sono furioso con la mia azienda perché mi ha licenziato, potrei essere altrettanto furioso con me stesso per non avere fatto abbastanza per impedirlo. Se odio il mio coniuge per avermi abbandonato e non lo voglio perdonare, è possibile che dentro di me ci sia un’altrettanto potente condanna per non aver compreso in tempo le sue intenzioni, ecc.
Rintracciare la ‘colpa’ che riteniamo di aver avuto, dietro le apparenze, è anche il solo modo per poter perdonare veramente. Il vero perdono, quello più profondo, è quello verso noi stessi, perdonare gli altri è solo il primo passo. Quasi sempre il reale destinatario del nostro odio è molto più vicino di quanto pensiamo: siamo noi.
Perdonare, allora, significa anche saper essere compassionevoli verso noi stessi, sapere che in ogni momento della nostra vita abbiamo fatto del nostro meglio, e che la nostra consapevolezza di quel momento non ci avrebbe permesso di agire altrimenti; perdonare significa accettare di aver avuto delle fragilità, di aver commesso degli errori, insomma, di essere 'umani'.
L’obiettivo che ci diamo dunque questo mese è quello di ricercare la silenziosa accusa che rivolgiamo verso noi stessi nascosta dietro il mancato perdono verso qualcun altro. Di che cosa silenziosamente ci incolpiamo? Ricordiamo che l’accusa verso noi stessi, dal punto di vista razionale, può essere totalmente infondata, quindi non dobbiamo ricercare una coerenza, ma solo prendere contatto con i nostri sentimenti profondi.
La domanda che ci possiamo porre è: in questa situazione se ci fosse un’accusa che rivolgo a me stesso, quale sarebbe? Non accontentiamoci di una prima risposta sbrigativa nella quale noi ci tiriamo fuori da ogni responsabilità, perché spesso a livello profondo non la pensiamo così.
L’esercizio della compassione, cioè della comprensione amorevole, priva di giudizio, dunque, è il primo passo che possiamo compiere verso la libertà: la libertà di procedere oltre nella nostra vita, senza le catene del passato.
Attenzione anche a non cadere nel tranello di pensare che se poi mi perdono allora posso compiere ogni sorta di nefandezza. Questa è una paura totalmente infondata. Il perdono è un superamento della situazione, mai uno sconto della pena, un ‘farla franca’. Sono veramente in grado di perdonare me stesso e gli altri solo quando ho compreso i miei e gli altrui errori e sono andato consapevolmente oltre.
Il perdono è come gli stivali delle sette leghe, ci permette di compiere passi enormi, perché finalmente privi di quei pesanti fardelli emozionali che ci portiamo sulle spalle, e privi anche di quegli invisibili lacci che ci tengono legati al passato. E ricordiamo che, come afferma Gandhi, il perdono non è certo un atto di debolezza, poiché solo i forti sono in grado di perdonare. E ci vuole una grande consapevolezza per poterlo fare con il cuore.
La vecchia concezione del perdono ci ha insegnato che è l’atto di magnanimità verso qualcun altro da cui si ritiene di aver subito un torto: io ti disapprovo, ti condanno e poi, se sono bravo, ti perdono. Crediamo che il perdono ‘sollevi’ l’altra persona dalle sue colpe. Ma il vero senso del perdono non è questo. Il perdono non ha nulla a che fare con l’altra persona: ha a che fare con noi stessi.
Perdonare significa lasciar andare il passato per poterci dedicare completamente al presente. Significa vivere pienamente il qui e ora. Se non siamo stati capaci di perdonare situazioni o persone del passato, una parte di noi vive ancora imprigionata in quel passato, anche se quelle persone non le abbiamo più viste e quelle situazioni non si sono più verificate. La nostra amarezza per l’accaduto ci accompagnerà per sempre, condizionando la nostra vita presente.
Perdonare significa voltare pagina, non per far star meglio l’altra persona, ma per poter recuperare la nostra energia bloccata (sotto forma di risentimenti, rancori, rimpianti, rabbia, frustrazione, ecc.) e procedere per la nostra strada senza i pesanti fardelli emozionali che il non-perdono comporta. E non commettiamo l'errore di credere che, nel nostro caso, il non-perdono non ci danneggi: se ripensando a quella persona o a quella situazione proviamo una qualche forma di disagio, fosse anche un leggero fastidio, questo significa che quelle emozioni sono ancora dentro di noi e stanno drenando la nostra energia.
C'è poi un altro aspetto che non possiamo ignorare: dietro il non-perdono c’è sempre un’accusa silenziosa che rivolgiamo contro noi stessi. Sempre. Quest’accusa è molto sottile ed è la più difficile da scovare, ma è anche la vera causa (forse l’unica) della nostra sofferenza.
Se ad esempio non perdono qualcuno perché mi ha maltrattato, potrei non perdonare me stesso per averglielo permesso. Se condanno qualcun altro perché ha fatto soffrire una persona a me cara, potrei essere arrabbiato con me stesso perché non sono riuscito a proteggerla come avrei voluto. Se sono furioso con la mia azienda perché mi ha licenziato, potrei essere altrettanto furioso con me stesso per non avere fatto abbastanza per impedirlo. Se odio il mio coniuge per avermi abbandonato e non lo voglio perdonare, è possibile che dentro di me ci sia un’altrettanto potente condanna per non aver compreso in tempo le sue intenzioni, ecc.
Rintracciare la ‘colpa’ che riteniamo di aver avuto, dietro le apparenze, è anche il solo modo per poter perdonare veramente. Il vero perdono, quello più profondo, è quello verso noi stessi, perdonare gli altri è solo il primo passo. Quasi sempre il reale destinatario del nostro odio è molto più vicino di quanto pensiamo: siamo noi.
Perdonare, allora, significa anche saper essere compassionevoli verso noi stessi, sapere che in ogni momento della nostra vita abbiamo fatto del nostro meglio, e che la nostra consapevolezza di quel momento non ci avrebbe permesso di agire altrimenti; perdonare significa accettare di aver avuto delle fragilità, di aver commesso degli errori, insomma, di essere 'umani'.
L’obiettivo che ci diamo dunque questo mese è quello di ricercare la silenziosa accusa che rivolgiamo verso noi stessi nascosta dietro il mancato perdono verso qualcun altro. Di che cosa silenziosamente ci incolpiamo? Ricordiamo che l’accusa verso noi stessi, dal punto di vista razionale, può essere totalmente infondata, quindi non dobbiamo ricercare una coerenza, ma solo prendere contatto con i nostri sentimenti profondi.
La domanda che ci possiamo porre è: in questa situazione se ci fosse un’accusa che rivolgo a me stesso, quale sarebbe? Non accontentiamoci di una prima risposta sbrigativa nella quale noi ci tiriamo fuori da ogni responsabilità, perché spesso a livello profondo non la pensiamo così.
L’esercizio della compassione, cioè della comprensione amorevole, priva di giudizio, dunque, è il primo passo che possiamo compiere verso la libertà: la libertà di procedere oltre nella nostra vita, senza le catene del passato.
Attenzione anche a non cadere nel tranello di pensare che se poi mi perdono allora posso compiere ogni sorta di nefandezza. Questa è una paura totalmente infondata. Il perdono è un superamento della situazione, mai uno sconto della pena, un ‘farla franca’. Sono veramente in grado di perdonare me stesso e gli altri solo quando ho compreso i miei e gli altrui errori e sono andato consapevolmente oltre.
Il perdono è come gli stivali delle sette leghe, ci permette di compiere passi enormi, perché finalmente privi di quei pesanti fardelli emozionali che ci portiamo sulle spalle, e privi anche di quegli invisibili lacci che ci tengono legati al passato. E ricordiamo che, come afferma Gandhi, il perdono non è certo un atto di debolezza, poiché solo i forti sono in grado di perdonare. E ci vuole una grande consapevolezza per poterlo fare con il cuore.
(Gabriella d'Albertas)
lunedì 1 novembre 2010
A Girl, a Boy, and a Graveyard
Lucy takes the long way home
meets me in a field of stone
she says "i don't know how i'm s'pose to feel
my body's cold my guts are twisted steel."
and i feel like i'm some kind of frankenstein
waiting for a shock to bring me back to life
but i don't want to spend my time
waiting for lightning to strike.
so underneath the concrete sky
lucy puts her hand in mine
she says "life's a game we're meant to lose.
but stick by me and i will stick by you."
cause i'm like a princess in a castle high
waiting for a kiss to bring me back to life
but i don't want to spend my time
waiting for just another guy.
(Jeremy Messersmith)
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