Jean Bartik, ultima superstite delle sei programmatrici che avevano gestito il primo computer della storia dell'informatica, è morta a New York all’età di 86 anni. Laureata in matematica e specializzata in calcoli balistici, Bartik fu ingaggiata nel 1945 come programmatrice dell’Eniac, il primo calcolatore elettronico della storia che pesava 30 tonnellate, creato durante la seconda guerra mondiale da John Mauchly e J. Eckert Presper dell’Università della Pennsylvania. Tra un gruppo di 80 laureate in matematica già arruolate dall’esercito per il calcolo manuale delle traiettorie balistiche, furono scelte oltre a Bartik, anche Kay Mauchley Antonelli, Betty Holberton, Marlyn Meltzer, Frances Spence e Ruth Teitelbaum, note come «le donne dell’Eniac». Impararono a programmare e lo fecero senza manuali né insegnanti e, soprattutto, senza Eniac. Prima di avvicinarsi alla macchina, studiarono il modello teorico e agirono con l’immaginazione. Nel 1946 l’Eniac venne presentato pubblicamente e rimase in servizio fino al 1955. Nel 1997 Bartik e le altre colleghe sono state inserite nella Women in Technology Hall of Fame, ricevendo un premio internazionale per il loro lavoro pionieristico.
sabato 26 marzo 2011
Jean Bartik
Jean Bartik, ultima superstite delle sei programmatrici che avevano gestito il primo computer della storia dell'informatica, è morta a New York all’età di 86 anni. Laureata in matematica e specializzata in calcoli balistici, Bartik fu ingaggiata nel 1945 come programmatrice dell’Eniac, il primo calcolatore elettronico della storia che pesava 30 tonnellate, creato durante la seconda guerra mondiale da John Mauchly e J. Eckert Presper dell’Università della Pennsylvania. Tra un gruppo di 80 laureate in matematica già arruolate dall’esercito per il calcolo manuale delle traiettorie balistiche, furono scelte oltre a Bartik, anche Kay Mauchley Antonelli, Betty Holberton, Marlyn Meltzer, Frances Spence e Ruth Teitelbaum, note come «le donne dell’Eniac». Impararono a programmare e lo fecero senza manuali né insegnanti e, soprattutto, senza Eniac. Prima di avvicinarsi alla macchina, studiarono il modello teorico e agirono con l’immaginazione. Nel 1946 l’Eniac venne presentato pubblicamente e rimase in servizio fino al 1955. Nel 1997 Bartik e le altre colleghe sono state inserite nella Women in Technology Hall of Fame, ricevendo un premio internazionale per il loro lavoro pionieristico.
giovedì 24 marzo 2011
Sogno
Fuori dalla base ci sono alcuni giovani inginocchiati intorno ad un albero per una funzione religiosa.
Entriamo nella base e sulla porta, ad attenderci c'è la mia amica ET in splendida forma che fa il suo lavoro di una volta: public relations. È più bella che mai.
Presentandola ad AC mi sbaglio ed invece che chiamarla ET la chiamo invece LG, come una lettrice del mio blog.
ET mi prende bonariamente in giro per il mio errore.
Entriamo nella base nel corridoio di sinistra.
Mi rendo conto che nella prima stanza sulla destra c'è ricoverato mio padre insieme ad altri.
Mi precipito al suo letto e lo trovo disteso sotto le coperte tutte sfatte.
Lo saluto e lo bacio. Risponde ai saluti ma non mi riconosce.
Ha una gambia piegata e una tutta dura e tesa.
Torno fuori dalla stanza.
Spiego ad AC che mio padre ha l'Alzheimer.
AC è turbato dal mio racconto e mi spiega che tra i film che ha a casa ce n'è uno di Celentano molto bello e toccante.
Riprendiamo il nostro cammino tra i corridoi.
Mi rendo conto che stiamo andando da La Russa.
Mi sveglio.
mercoledì 23 marzo 2011
Una bontà
Qualche giorno fa ho approfittato di una offerta alla Coop sotto-casa ed ho acquistato (con lo sconto del 50% riservato a soci) 3 barattoli di alluminio ripieni di marmellata: mele, more di rovo e arancia. E tutti stanno resistendo pochissimo in credenza. Il primo (mele renette) è durato poco più di 2 settimane. Ottimo. Era la prima volta che assaggiavo una marmellata di mele. Il secondo (aperto ieri con C.) è quello delle more ed è, se è possibile, ancora più buono del primo. Non vedo l'ora di finire le more per aprire le arance che, essendo il mio gusto preferito, mi sono lasciato per ultimo.
Al supermercato c'erano anche altri gusti più classici della stessa marca Chiaverini: ciliegie, albicocche, etc... che ho lasciato sullo scaffale. Forse mi pento solo di non aver osato acquistare un fichi con mandorle che avrebbe dovuto essere stato strepitoso. Sarà per la prossima volta!
lunedì 21 marzo 2011
Sono nata il 21 a primavera
Il 21 marzo, per celebrare la Giornata mondiale della Poesia, è stata inaugurata dal sindaco di Milano, Letizia Moratti, la «Casa Merini. Atelier della parola giovane» uno spazio dedicato alla poetessa scomparsa nel 2009. La casa- museo, che si sviluppa su due piani nell’Ex Tabaccheria comunale, comprende un percorso sull’opera di Alda Merini e la riproduzione della sua stanza da letto, con oggetti provenienti dal suo storico appartamento di Ripa di Porta Ticinese. Chi ha messo piede in quella casa, fotografata, tra gli altri, da Giuliano Grittini, sa che – proprio come lo studio di Morandi – quello spazio, con i numeri di telefono scritti ovunque sui muri, le cicche di sigaretta sul pavimento, i libri, le carte, la povertà dignitosa e il disordine – non era solo l’immagine viva della vita condotta dalla poetessa,ma anche quella della sua poesia. Una poesia fatta di accumulo, di ripetizione, di accostamenti semplici quanto sorprendenti, di un lirismo lacerato quanto una piastrella smossa e sbeccata, una poesia dove anche la polvere aveva un peso.
«Ogni uomo – scriveva Merini in La pazza della porta accanto – ha le piccole polveri del passato che deve sentirsi addosso, e che non deve perdere. Sono il suo cammino. Anche in manicomio dicevano: ‘Lavateli’. No, io voglio sentirmi sporca, sporcata anche dalla fama, d’altronde. ‘Le lavo le maglie così è pulita’ - mi dicono. Pulita,ma infelice». Ricordando gli anni trascorsi in ospedale psichiatrico, la Merini rivendicava la propria sporcizia, le ditate che il passato impone su di noi, soprattutto quando è fatto di emarginazione. La poesia, insomma, non è una cosa che si possa ordinare, soprattutto quando testimonia il depositarsi, il decantarsi delle schegge dell’umano. Vedere le immagini della sua stanza ora reinventata e riorganizzata sul Naviglio Grande, dà la stessa infelicità di immaginare la poetessa pulita e inebetita dai farmaci nella sua asettica stanza del Paolo Pini.
Pavimento pulito e travi a vista; la macchina da scrivere perennemente senza nastro esposta in bella mostra insieme ad altri oggetti allineati sulla scrivania; qualche vestito gettato su quello che era il letto-ufficio-mondo della poetessa. Pareti bianche, faretti anonimi, infissi perfetti: tutto troppo perfetto. Tutto pulito. Nella mostra che si snoda al piano inferiore sono numerose le immagini che mostrano la Merini nella sua casa originale, ma nonostante questo l’idea di trasformare la tana della poetessa dei navigli e dei clochards in quello che sembra il monolocale di una studentessa del Politecnico è un’idea volgare. Volgare quanto il conformismo e la cultura dell’immagine che vi sta dietro, quella che pretende di uniformare e addomesticare il diverso, il controverso, ai propri parametri, anche estetici.
A questa cultura Alda Merini non appartiene, e se anche la sua opera ha strizzato l’occhio a televisione e mercato, e non è sempre stata in grado di mantenersi all’altezza di volumi importanti come La terra santa, la sua poesia testimonia l’esistenza di una alterità pulviscolare che rifiuta di essere imprigionata in un modello d’ordine rassicurante. «Non so se esistano le ali della farfalla – scriveva –ma è la polvere che le fa volare».
(Gian Maria Annovi)
sabato 19 marzo 2011
Divertitevi!
Ovviamente scegliete gli esercizi per la vostra categoria!
- C1 (per gli studenti di prima e seconda media);
- C2 (per gli studenti di terza media e prima superiore);
- L1 (per gli studenti di seconda, terza e quarta superiore);
- L2 (per gli studenti di quinta superiore e biennio universitario);
- GP (“grande pubblico”: ultimi anni dell’Università e concorrenti “adulti”).
giovedì 17 marzo 2011
sabato 12 marzo 2011
Percezione delle misure e dei rapporti
Ieri pomeriggio in auto parlavo con A. dello tsnunami in Giappone e a suo parere 10 metri di altezza delle onde non era tanto. Stupito e sconvolto ho cercato di farla ragionare, ma senza successo.
La sera, ascoltando in TV che l'asse terrestre si era spostato di 10 centimetri, ha invece commentato che, cavolo!, era tantissimo!
Ma è possibile che a questa età non sappiano ancora interpretare i numeri, le misure, i rapporti?
mercoledì 9 marzo 2011
martedì 8 marzo 2011
sabato 5 marzo 2011
La donna che canta + Roger Ballen
Non lo dimenticherò facilmente
Prima del film sono stato a Seravezza a vedere la mostra di Roger Ballen.
Non mi ha entusiasmato come quella di un anno fa.
Decisamente meglio James Nachtwey di Roger Ballen.
venerdì 4 marzo 2011
I Lived On The Moon
Dear little lad,
Here is the story of my life
I lived on the moon
I lived on the moon
Grey flying snakes along
The mountains of destiny while
The three tailed monkeys
Where drawing the stars
Light from the sun
And I hide myself
on the dark side
Alone...
I've run so far
To find my way
Then I dream again
Alone...
Dear little boy, listen
To the voices of your soul
It showed you the way
Of silence and peace
Follow your thoughts and fly
Choosing all the things you desire
Giant waves, fireflies...
Your dreams will be your only shell
Your secrets,
your hiding place,
my son...
Don't let them try
to crush your brain
Let you go far...
my son.
giovedì 3 marzo 2011
Un elicottero NATO ha ucciso nove bambini in Afghanistan
La NATO ha ammesso mercoledì che due suoi elicotteri hanno ucciso il giorno prima nove bambini afgani, scambiandoli per i responsabili dell’attacco a una base NATO nelle ore precdenti. Si tratta di uno delle più gravi stragi di innocenti dall’inizio della guerra, commenta il New York Times. I bambini avevano tra i 9 e i 15 anni e stavano raccogliendo legna da ardere nelle montagne dell’Afghanistan orientale, nella provincia di Kunar: solo uno del gruppo è sopravvissuto. Il capo delle forze NATO in Afghanistan ha diffuso un comunicato personale di ammissione di colpa per la strage.
«Ci dispiace profondamente per questa strage e chiediamo perdono al governo e al popolo afgano, e soprattutto ai familiari sopravvissuti di coloro che sono stati uccisi. Non sarebbe mai dovuto accadere»
L’ammissione è arrivata dopo le proteste degli abitanti del villaggio di Nanglam, dove i bambini vivevano. Hemad, il sopravvissuto, ha raccontato di essersi salvato grazie a un ramo di albero che gli è caduto addosso dopo essere stato colpito da un razzo, nascondendolo alla vista: “Gli elicotteri hanno sparato ai bambini uno dopo l’altro”.
Le basi americane nella zona saranno smantellate nelle prossime settimane, dopo le proteste degli abitanti della valle di Pech. Martedì un razzo era stato lanciato contro una base, e la dichiarazione della NATO afferma che era partita una ricerca dei responsabili con gli elicotteri, che hanno sparato “in direzione del punto di origine dell’attacco”. Ma, continua il comunicato, “sembra esserci stato un errore tra l’individuazione del punto e la localizzazione delle operazioni con gli elicotteri”. Gli abitanti del villaggio hanno raccontato di aver trovato i corpi dei bambini maciullati dai colpi.
Il presidente afgano Hamid Karzai, che si trova in visita ufficiale a Londra, ha espresso “la più forte condanna possibile” nei confronti della strage. Gli oltre duecento abitanti del villaggio che si sono radunati per protestare gridavano “Morte all’America” e “Morte a Obama e ai suoi alleati”.