lunedì 5 novembre 2012

Fantasticano con il pennello come ubriachi di hashish


Ieri ho visitato, in compagnia di due signore, la mostra Wassily Kandinsky dalla Russia all'Europa" al Palazzo Blu di Pisa (dal 13 ottobre 2012 al 3 febbraio 2013).

Mi sono rimaste particolarmente impresse tre insiemi di opere: le illustrazioni di Ivan Bilibin, un quadro di Nikolaj Roerich e i vetri di Wassily Kandinsky.



Volga e la guardia armata (Ivan Bilibin, 1902)
acquerello e china su carta, cm 31 x 25



La battaglia dei cieli (Nikolaj Roeric, 1912)
tempera su cartone, cm 66 x 95



Amazzone con i leoni azzurri (Wassily Kandinsky, 1918)
olio su vetro, cm 31,3 x 24,2

Nelle quattro opere su vetro che Kandinsky eseguì in seguito allo scoppiare della prima guerra mondiale - parte nel 1916 a Stoccolma dove raggiunse per l'ultima volta Gabriele Münter che gli aveva organizzato colà una mostra rettrospettiva, e parte a Mosca - egli riprende esplicitamente due temi "passatisti". Da una parte egli ritorna infatti ad uno stile già trattato dieci anni prima servendosi della tecnica dell'acquerello, della tempera o della xilografia. Dall'altra egli si serve qui in modo sperimentale di una tecnica assai viva nell'arte popolare tedesca, soprattutto religiosa, quella della pittura su vetro che tanto interesse avevano suscitato tra il 1909 e il 1913 anche tra i suoi compagni Gabriele Münter, Jawlensky, Mar e Macke, gli artisti che formarono con lui il gruppo del Blaue Reiter. In un momento in cui Kandinsky era già intento a comporre quadri astratti e di grande rigore geometrico, egli sembra voler accentuare in queste opere che chiamerà scherzosamente Bagatelles, ma che tutte firmerà orgogliosamente con il proprio monogramma, l'aspetto fiabesco da fiaba popolare e il riferimento a quell'arte folclorica che, russa per i contenuti (come dimostrano la raffigurazione dei cavalli, del San Giorgio, degli abiti orientali dei personaggi, delle montagne con le cupole) e tedesca per l'uso della tecnica su vetro, rimarrà sempre, pur tradotta in forme astratte, a fondamento della sua ispirazione.

Quando le mostre meritano io mi emoziono (anche se il mio comportamento esterno da orso polare non lo dà a vedere). Ieri mi sono doppiamente emozionato: in primo luogo per la qualità della mostra e in secondo luogo perchè dopo molti decenni son tornato a visitare una mostra non da solo bensì in compagnia di una persona che stimo moltissimo (le ultime volte che ero accompagnato da una persona che conosceva così bene me e i miei gusti risaliva agli anni '80 con una amica dei tempi del liceo). Dovrò sicuramente ritornare a vedere questa mostra (ieri purtroppo vista un po' di volata) come altre che mi aspettano nelle prossime settimane a Treviso e Roma.

Ah... Dimenticavo... Il titolo del post è tratto da ciò che la critica d'arte ufficiale pensava del Blaue Reiter:
"Essi non dipingono soltanto i misteri più incomprensibili, ma scrivono anche cose incomprensibili sulla loro arte... fantasticano con il pennello e con la penna come malati di febbre, come morfinomani o come ubriachi di hashish".

1 commento:

  1. Come spesso per le sue opere, Kandinsky sceglie come titolo un termine che indica una forma musicale (penso alle famose Bagatelle di Beethoven, suonate da generazioni di piccoli pianisti). Non è certo un caso: per K. pittura e musica sono arti gemelle, compenetrate.

    Sì, la mostra è davvero bellissima e merita una visita accurata.

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