domenica 4 ottobre 2015

Mareggiata



La spiaggia quel giorno era battuta da un vento forte. La sabbia veniva trascinata via, leggera.

I cavalloni si fracassavano uno sopra l’altro, inseguendosi senza tregua. Un cielo basso, scuro, squarciato a tratti da baluginii, preannunciava pioggia.

Respiravo voluttuosamente l’aria fresca di salmastro, osservavo con avidità il paesaggio scosso e disuguale. Lungo la riva, ad intervalli, la straccaglia si raccoglieva in mucchi disordinati. Conchiglie perlacee e pezzi di legno lavorati sapientemente dal mare, trasportati dalla furia.

Improvvisamente ti ho scorto. Di spalle, i capelli bruni ondeggianti, una sacca di traverso, raccoglievi con cura materiale per le tue collezioni.

A tratti l’acqua ti lambiva i piedi ma tu procedevi come altre volte, noncurante.

Sorridevi. E il tuo viso era rischiarato dal riverbero, da quell’aria strana, serenamente tempestosa e spettrale.

Una sera qualsiasi, ora crepuscolare, di inizio primavera.

L’orizzonte prometteva qualcosa di imminente. Grosse gocce iniziarono a cadere ma io rimasi a guardarti, poco distante.

Desideravo avvicinarmi, rivedere quel sorriso che ti illuminava gli occhi. In modo così speciale.

“Mi sono innamorato di questa donna perché…..beh, ci sono tanti motivi affinché questo accada.

Intanto la sua solarità, che è una forma di bellezza.

Certo, la sua bellezza. Alta, gli occhi castani quasi sempre brillanti di entusiasmo e un sorriso incredibile.

Un corpo snello e lunghi capelli neri che si posano in riccioli sulle spalle.

E una bella testa, interessante.

Quando l’ho conosciuta amava molto i libri ed era sempre pronta allo scherzo. Amava molto la gente. E parlare.

Era attiva politicamente. Insomma, tutto il contrario di me. Io non amo molto mischiarmi alle cose e alle persone. Sono un solitario.

Non voglio dipendere da niente e da nessuno, non mi interessa esternare l’amore che provo per questa o quella idea.

E anche a lei non dicevo più di tanto. Potrebbe aver letto nei miei occhi, anzi sicuramente non avrà avuto problemi a farlo.

Nei miei occhi ha visto tutto quello che c’era da vedere.

Ammirazione, rispetto, desiderio, considerazione, amore…….e la sua immagine riflessa. Quella vera. Quella che mi rimandava lei. Di una semplicità sconcertante.

Non è mai stata facile alle lacrime e anche questa cosa ho apprezzato in lei. Inoltre non si scoraggiava facilmente di fronte alle difficoltà. E pure questo, inutile dirlo è un punto a suo favore. Penso che la frivolezza non abbia fatto mai parte della sua vita, neppure prima che la conoscessi.

Ci siamo conosciuti per caso. Un viaggio in comune, sul treno. In mezzo a tante persone. La sua borsa è caduta a terra e io mi sono chinato a raccoglierla. Lei mi ha ringraziato con un sorriso e io non ho capito più nulla. È così, non mi vergogno a dirlo. Ora. Non glielo ho mai detto ma credo sia stato abbastanza evidente. Penso che l’abbia capito a suo tempo. Un sorriso che conquistava in secondi, perché a sorridere nonn era soltanto la bocca ma tutto il viso. E gli occhi. Sotto gli occhi si formano delle pieghe sottili che tutte le volte mi fregano. E anche quella volta lì. Ho cercato con garbo di trovare un argomento e prolungare la conversazione, guardandola negli occhi. E lei non ha obiettato. Mi ha parlato con entusiasmo del viaggio che aveva intrapreso e dell’appuntamento che aveva con certi amici, una volta vicino al confine, per proseguire assieme a loro in macchina. Un viaggio di venti giorni in tutto: Tra Francia e Spagna. Dove avrebbe trascorso la maggior parte del tempo. Aveva gli occhi sognanti……sì, sognanti. Ed era uno spettacolo bellissimo. Era vestita da viaggio, una camicia lunga, una giacca di cotone scura e un paio di jeans. E quel viso da sballo. Lievemente abbronzato, e aperto, cordiale. Privo di trucco. Una donna vera.

Sarà per questo che sono qui oggi. E tutti i prossimi giorni. Davanti a questa foto dove la pioggia frequente da queste parti batte spesso, vivace. E il sole getta i suoi raggi più focosi. Qui, in aperta campagna dove in inverno le mattine sono bianche di brina e in estate la calura è assordante. Dove neppure i quaranta gradi dell’agosto appena trascorso mi tengono lontano. Dove i fiori appassiscono e ne porto ogni giorno. Ogni giorno. Di nuovi, di seta, di grandi, di campo. Quelli che preferiva lei. Arrivo qua in bici, le nostre canzoni preferite nelle orecchie diffuse dagli auricolari. E il suo sorriso in mente. Un sorriso che conquistava in secondi, perché a sorridere non era soltanto la bocca ma tutto il viso. E gli occhi. Sotto gli occhi si formano delle pieghe sottili che tutte le volte mi fregano…….”.

Rimasi dove mi trovavo, invece. Ora pioveva decisamente forte ma tu continuavi a camminare lungo la riva. Gustandoti quel momento, intensamente. Amavi la pioggia, il tempo scuro, il mare spumeggiante bufera.

Il vento non mi dava tregua. Portava con sé la commozione che segnava il mio viso, strapazzato dal sale. Ma era necessario tornare qui. Trovare con fortuna estrema un giorno come questo.

Gelido, grigio, col mare urlante di gioia rabbiosa. E vita. Nello stesso tempo.

Perché tu eri vita. E te ne stavi lì, priva del colore di un addio.

Il tuo sorriso entusiasta, lo sguardo sognante. Perso. Nelle ombre della sera.

(Maria Beatrice Berti)

1 commento:

  1. Clikkare sempre...
    Complimenti.
    credevo fosse un dipinto di autore più maturo. Bravissima ...

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