Ogni dolcezza, ogni contatto, ogni abbandono, andava serrato nel cuore come in un carcere e disciplinato come un vizio, e più nulla doveva apparire all'esterno, alla coscienza. Più nulla doveva dipendere dall'esterno: né le cose né gli altri dovevano potere più nulla.
(Cesare Pavese, Il carcere, 1939)
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