Avevo in previsione di godermi tre mostre lo scorso week-end a Roma e invece il dolce poltrire a letto la domenica e il lunedì mattina me ne ha fatto saltare una. Così mi sono concentrato solo su due.
La prima, e forse l'unica da non mancare in nessun modo, è stata quella dei Brueghel al Chiostro del Bramante fino al 2 giugno 2013. Io pensavo che di Brueghel ce ne fossero solo due: il Vecchio e il Giovane. E invece ho scoperto che i Brueghel sono una famiglia con un albero genealogico molto complesso che si espande su 3-4 livelli ma anche, soprattutto, è un trade-mark (un marchio di fabbrica) di quei tempi per cui chiunque potesse fregiarsi di quel cognome acquisiva immediata visibilità e mercato. Ma ciò non significa che alcuni Brueghel valgano meno di altri. Anzi! Tutti sono stati una piacevolissima scoperta per me. Di questi autori ho apprezzato soprattuto la cura maniacale per il dettaglio che ne costituisce un marchio di fabbrica riconoscibilissimo. Con pochissime pennellate (certe volte solo una solitaria linea di colore) riuscivano a delineare in maniera esatta e miracolosa edifici, animali, alberi. E questa caratteristica si può apprezzare solo apprezzando i vari quadri molto da vicino (per fortuna in questa mostra, rispetto a quella del '900 di Forlì, non c'è nessun allarme sonoro di prossimità per cui è possibile avvicinarsi ai quadri anche fino a 1 cm di distanza) e non è invece godibile guardando a posteriori le stesse opere sul catalogo. La qualità di stampa del catalogo è buona, ma molto inferiore (in termini di pixel per unità di area), di quello che l'occhio dell'orso che apprezza il quadro da vicino. Insomma il catalogo può senza dubbio essere acquistato e consultato, ma serve solo per riaccendere i neuroni del nostro cervello dove abbiamo memorizzato la bellezza e i dettagli dei dipinti esposti. I dipinti arrivano da molti musei sparsi nel mondo ma anche da moltissime collezioni private e quindi questa mostra resta, a mio avviso, unica nel suo genere perché permette di godere in un colpo solo di tutte le opere di questi artisti, cosa altrimenti oggettivamente impossibile da fare.
La seconda mostra è quella su Helmut Newton al Palazzo delle Esposizioni. È interessante perché riunisce insieme decenni di opere di questo fotografo (mai prima mostrate tutte insieme al pubblico) ma non entusiasmante perché dopo aver capito, in poche foto, quale è lo stilema usato dall'autore, le altre opere diventano in qualche modo prevedibili e scontate. Tra tutte le foto viste me ne sono rimaste impresse alla fine solo due. E la migliore di queste due è quella di una modella sul terrazzo di un grattacielo di manhattan con lo sfondo diversi altri grattacieli con molte tonalità di grigi. Siccome non ho comperato il catalogo e non sono riuscito a trovare quesat foto in rete (dove se ne trova invece spesso un altra con una coniglietta di PlayBoy che a me non piace granché) ne metto qui sotto un'altra coppia (meno belle di quella che mi ha stregato) tratta dalla raccolta Big Nudes.
Il week-end ha avuto un momento meno bello degli altri quando, durante un trasferimento in autobus sulla linea 64, sono stato derubato del mio telefonino. Ciò ha comportato una leggera momentanea incazzatura (ma neanche troppo acuta), qualche giorno senza telefono (e quindi senza orologio, senza sveglia e senza internet) e qualche altro giorno con un muletto Nokia di una decina di anni fa con i fosfori verdi e una memoria di SMS limitata a 20 messaggi.
Nessun commento:
Posta un commento