Ieri ho visitato a Treviso la terza di una serie di 4 mostre biennali (La via della seta e la civiltà cinese) dedicate alla Cina. Sono tutte curate da un grande sinologo: Adriano Màdaro.
Dopo La nascita del celeste Impero nel 2005,
e Gengis Khan e il tesoro dei mongoli nel 2007,
quest'anno tocca a Ming - I segreti della città proibita.
Era rimasto molto ben impresso da quella di due anni fa, ma quella di ieri mi ha letteralmente estasiato.
Due anni fa la mostra riguardava le diverse dinastie (Wu Dai, Xi Xia, Liao, Jin, Song e Yuan) che tra il 907 e il 1368 erano protagoniste in Asia. Nel XIII secolo l'impero mongolo si estendeva dal Mare del Giappone all'Adriatico e fu il più grande impero di tutti i tempi sul nostro piccolo pianeta.
In quella mostra vidi cose molto pregevoli, come la corona d'oro qui a lato, ma la cosa che più mi impressionò fu un'opera recente (2005-2007) che vide impegnato per 17 mesi un famoso artista cinese. Erano 7 pannelli (ciascuno 1m x 40 cm se ricordo bene) intagliati in carta di riso nera. Sette delicatissime ragnatele nere che, concatenate insieme, formano una lunga striscia di 7 metri che riprone un antico dipinto cinese su seta (a Treviso presente in copia perché l 'originale non può mai abbandonare una particolare stanza del museo della Città Proibita dove è conservato a temperatura e umidità controllate) che rivela usi e costumi dei popoli cinesi degli inizi del secondo millennio. Questi pannelli valevano da soli, a mio avviso, il piacere della mostra.
La mostra del 2007, peraltro, fece conoscere molto altro: porcellane pregiatissime, urne funerarie (anche strane, per es. a forma di manichino di legno), spade di ferro originarie, vestiti in seta, monete e banconote (Marco Polo rimase molto stupito dall'uso della carta moneta in Asia e fu il primo a riferirlo in Occidente, notizia questa che fece molto clamore), gioelli stupendi e altro.
Quest'anno la mostra copre invece la dinastia dei 16 imperatori Ming dal 1368 al 1644. Questa dinastia non va ricordata solo per le porcellane blu. La mostra ci presenta arte orafa, giada, ebanisteria, sartoria di quel periodo. Tra i tantissimi reperti presentati (tutti stupendi) ne ripropongo qui due (con foto cliccabili).
La Corona dell'Imperatrice , spettacolare copricapo da cerimonia detto "dei sei draghi e delle tre fenici" rinvenuto nel sarcofago dell'Imperatrice Xiaojing. È composto di oro e di oltre 5,000 perle e ha più di cento pietre preziose, con inserti di piume azzurre di martin pescatore. Questo (come moltissimi altri reperti presentati a Treviso in questa mostra) è la prima volta in assoluto che esce dalla Città Proibita e quindi la prima volta che viene esposto fuori dalla Cina.
Chakrasamvara (in brozo dorato dell'inizio della Dinastia dei Ming), detto anche Chakravamsara, è il protettore della setta Anuttara Yoga del Buddismo tibetano e partner sessuale di Vajrayogini. Divinità con quattro volti e quattro braccia e sulla testa porta un copricapo fatto con un teschio, dal collo pende una collana composta da cinquanta teschi, le quattro mani afferrano quattro "vajra" (pestello, campana, coltello e tazza ricavata da un teschio).
Le cose che più mi sono rimaste impresse sono però altre.
La prima è un lungo rotolo di seta (50 cm x 14 metri di lunghezza) dipinto verso la fine della dinastia da un pittore anonimo dove è raccontata con grande dovizia di particolari e dettagli la vita delle nobildonne di Corte, impegnate in giochi e passatempi. Quest'opera è di grande valore storico e iconografico perché offre una grande quantità di informazioni soprattutto sugli abbigliamenti e acconciature femminili. Tra l'altro si può notare che in quegli anni in Cina si usava giocare a palla (in maniera indipendente dall'Occidente dove il calcio fiorentino nacque e crebbe tra il Quattrocento e il Cinquecento, anche in Cina ci si divertiva in modi analoghi) e c'erano le altalene.
La seconda forte impressione è dovuta alla ricostruzione in legno di paulonia in scala 1:200 della Città Proibita. Quest'opera ha richiesto 23 mesi di lavoro (dal 2007 al 2009) da parte di 14 ebanisti cinesi supervisionati da 3 architetti. È un modello impressionante (9 x 4.5 metri) che riproduce fedelmente e con un dettaglio superfino la Città Proibita.
Il mio spassionato sconsiglio è di non lasciarsi sfuggire questa mostra (resta aperta sino al 9 maggio 2010) e di visitarla sicuramente con l'audioguida dove il curatore stesso illustra molto (molto!) bene le varie sale e i vari reperti. Il catalogo costa una cifra (45 EUR) e io, quest'anno c'ho lasciato quasi metà del mio stipendio dato che mi sono preso anche i due cataloghi delle due precedenti mostre che gli anni scorsi non avevo acquistato.
Dopo La nascita del celeste Impero nel 2005,
e Gengis Khan e il tesoro dei mongoli nel 2007,
quest'anno tocca a Ming - I segreti della città proibita.
Era rimasto molto ben impresso da quella di due anni fa, ma quella di ieri mi ha letteralmente estasiato.
Due anni fa la mostra riguardava le diverse dinastie (Wu Dai, Xi Xia, Liao, Jin, Song e Yuan) che tra il 907 e il 1368 erano protagoniste in Asia. Nel XIII secolo l'impero mongolo si estendeva dal Mare del Giappone all'Adriatico e fu il più grande impero di tutti i tempi sul nostro piccolo pianeta.
In quella mostra vidi cose molto pregevoli, come la corona d'oro qui a lato, ma la cosa che più mi impressionò fu un'opera recente (2005-2007) che vide impegnato per 17 mesi un famoso artista cinese. Erano 7 pannelli (ciascuno 1m x 40 cm se ricordo bene) intagliati in carta di riso nera. Sette delicatissime ragnatele nere che, concatenate insieme, formano una lunga striscia di 7 metri che riprone un antico dipinto cinese su seta (a Treviso presente in copia perché l 'originale non può mai abbandonare una particolare stanza del museo della Città Proibita dove è conservato a temperatura e umidità controllate) che rivela usi e costumi dei popoli cinesi degli inizi del secondo millennio. Questi pannelli valevano da soli, a mio avviso, il piacere della mostra.
La mostra del 2007, peraltro, fece conoscere molto altro: porcellane pregiatissime, urne funerarie (anche strane, per es. a forma di manichino di legno), spade di ferro originarie, vestiti in seta, monete e banconote (Marco Polo rimase molto stupito dall'uso della carta moneta in Asia e fu il primo a riferirlo in Occidente, notizia questa che fece molto clamore), gioelli stupendi e altro.
Quest'anno la mostra copre invece la dinastia dei 16 imperatori Ming dal 1368 al 1644. Questa dinastia non va ricordata solo per le porcellane blu. La mostra ci presenta arte orafa, giada, ebanisteria, sartoria di quel periodo. Tra i tantissimi reperti presentati (tutti stupendi) ne ripropongo qui due (con foto cliccabili).
La Corona dell'Imperatrice , spettacolare copricapo da cerimonia detto "dei sei draghi e delle tre fenici" rinvenuto nel sarcofago dell'Imperatrice Xiaojing. È composto di oro e di oltre 5,000 perle e ha più di cento pietre preziose, con inserti di piume azzurre di martin pescatore. Questo (come moltissimi altri reperti presentati a Treviso in questa mostra) è la prima volta in assoluto che esce dalla Città Proibita e quindi la prima volta che viene esposto fuori dalla Cina.
Chakrasamvara (in brozo dorato dell'inizio della Dinastia dei Ming), detto anche Chakravamsara, è il protettore della setta Anuttara Yoga del Buddismo tibetano e partner sessuale di Vajrayogini. Divinità con quattro volti e quattro braccia e sulla testa porta un copricapo fatto con un teschio, dal collo pende una collana composta da cinquanta teschi, le quattro mani afferrano quattro "vajra" (pestello, campana, coltello e tazza ricavata da un teschio).
Le cose che più mi sono rimaste impresse sono però altre.
La prima è un lungo rotolo di seta (50 cm x 14 metri di lunghezza) dipinto verso la fine della dinastia da un pittore anonimo dove è raccontata con grande dovizia di particolari e dettagli la vita delle nobildonne di Corte, impegnate in giochi e passatempi. Quest'opera è di grande valore storico e iconografico perché offre una grande quantità di informazioni soprattutto sugli abbigliamenti e acconciature femminili. Tra l'altro si può notare che in quegli anni in Cina si usava giocare a palla (in maniera indipendente dall'Occidente dove il calcio fiorentino nacque e crebbe tra il Quattrocento e il Cinquecento, anche in Cina ci si divertiva in modi analoghi) e c'erano le altalene.
La seconda forte impressione è dovuta alla ricostruzione in legno di paulonia in scala 1:200 della Città Proibita. Quest'opera ha richiesto 23 mesi di lavoro (dal 2007 al 2009) da parte di 14 ebanisti cinesi supervisionati da 3 architetti. È un modello impressionante (9 x 4.5 metri) che riproduce fedelmente e con un dettaglio superfino la Città Proibita.
Il mio spassionato sconsiglio è di non lasciarsi sfuggire questa mostra (resta aperta sino al 9 maggio 2010) e di visitarla sicuramente con l'audioguida dove il curatore stesso illustra molto (molto!) bene le varie sale e i vari reperti. Il catalogo costa una cifra (45 EUR) e io, quest'anno c'ho lasciato quasi metà del mio stipendio dato che mi sono preso anche i due cataloghi delle due precedenti mostre che gli anni scorsi non avevo acquistato.
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