lunedì 31 dicembre 2012

Canzoni del 2012

16 gennaio 2012 Leonard Cohen Going Home
22 gennaio 2012 James Taylor Fire and Rain
22 gennaio 2012 James Taylor Sweet Baby James
25 febbraio 2012 Giorgio Gaber Quando è moda è moda
2 febbraio 2012 Crosby, Still, Nash & Young Teach Your Children
5 febbraio 2012 Laurel and Hardy Shine On Harvest Moon
19 febbraio 2012 Emma Non è l'inferno
25 febbraio 2012 Antonio Virgilio Savona Il testamento del parroco Meslier
3 marzo 2012 Maria Gadù Shimbalaiê
4 aprile 20122 Frank Sinatra As Times Goes By
21 aprile 2012 Pino Daniele Melodramma
24 aprile 2012 Barbara Streisand People
24 aprile 2012 Barbara Streisand Yentl - Papa Can you Hear Me?
22 maggio 2012 Oskar Rieding Concerto in B minor
for Violin and Piano Op. 35
15 giugno 2012 Paco de Lucia y Pepe de lucia Sólo quiero caminar
16 giugno 2012 U2 Walk On
24 giugno 2012 Lhasa My name
17 luglio 2012 Deep Purple Child in Time
15 agosto 2012 Rocco Papaleo e Marco Alemanno Mi fa male il mondo
23 agosto 2012 Dulce Pontes Ballad of Sacco & Vanzetti
16 settembre 2012 PFM Impressioni di settembre
28 settembre 2012 Violeta Parra Rin del Angelito
9 ottobre 2012 Sigur Rós Dauðalognm
14 ottobre 2012 Cristina Branco O meu amor
16 ottobre 2012 Silvio Rodriguez Vivo en un país libre
20 ottobre 2012 Lila Downs Cielo rojo
4 novembre 2012 Takeshi Kitano Tapdance
14 novembre 2012 Ivano Fossati C'è tempo
23 novembre 2012 Giorgio Gaber Non insegnate ai bambini
25 novembre 2012 Azure Ray November
29 novembre 2012 Balmorhea The Winter


Le canzoni del 2011 sono qui.

Spettacoli e mostre del 2012


4 gennaio 2012
Ho voluto essere pittore e sono diventato Picasso
Palazzo Blu
Pisa

4 marzo 2012
Upside down memories di Romano Cagnoni
Palazzo Mediceo
Seravezza

19 aprile 2012
Pino Daniele
Teatro Verdi
Firenze

2 giugno 2012
Elliott Erwitt: The Personal Best
Casa dei Tre Oci
Venezia

2 luglio 2012
Giulio D'Agnello in concerto
Artemisia
Capannori

20 e 21 luglio 2012
FestivalGaber
Viareggio

16 agosto 2012
Paolo Rossi: Serata del disonore
Versiliana
Marina di Pietrasanta

20 agosto 2012
PFM
Versiliana
Marina di Pietrasanta

26 agosto 2012
Elisabetta Salvatori e Matteo Ceramelli
Non c'è mai silenzio
Viareggio

5 ottobre 2012
Spirito Allegro (di Noël Coward)
Comnpagnia teatrale La Tartaruga
Cascine di Buti (PI)

2 novembre 2012
Lucca Comics
Lucca

4 novembre 2012 e 1° dicembre 2012
Wassily Kandinsky dalla Russia all'Europa
Palazzo Blu
Pisa

10 novembre 2012
Cirque du Soleil: Alegria
Bologna

18 novembre 2012
Anni '30 - Arti in Italia oltre il fascismo
Palazzo Strozzi
Firenze

18 novembre 2012
Francis Bacon e la condizione esistenziale nell'arte contemporanea
Palazzo Strozzi
Firenze

25 novembre 2012
Tanto rumore per nulla
Teatro S. Andrea
Pisa

3 dicembre 2012
Rags, Swing & Songs
Quartetto Italiano di Clarinetti
Stazione Leopolda
Pisa

23 dicembre 2012
La musica è una necessità
Carlo Ipata e Carlo Pernigotti
Teatro Rossi Aperto
Pisa


Spettacoli e mostre del 2011 sono qui.

I film del 2012

1. 7 gennaio 2012 J. Edgar
2. 22 gennaio 2012 The Help
3. 7 febbraio 2012 Dancing Dreams
4. 16 febbraio 2012 Rapina a mano armata
5. 16 febbraio 2012 Tomboy
6. 28 febbraio 2012 Quasi amici
7. 3 marzo 2012 Welcome
8. 18 marzo 2012 Cesare deve morire
9. 20 marzo 2012 Sette opere di misericordia
10. 2 aprile 2012 Cosa piove dal cielo?
11. 16 aprile 2012 La morte corre sul fiume
12. 5 maggio 2012 To Rome With Love
13. 6 maggio 2012 Hunger
14. 10 maggio 2012 Diaz
15. 14 maggio 2012 L'uomo che cadde sulla Terra
16. 3 giugno 2012 Marilyn
17. 17 giugno 2012 Men in Black 3
18. 25 giugno 2012 Hugo Cabret
19. 10 luglio 2012 Shame
20. 20 luglio 2012 Il castello nel cielo
21. 25 luglio 2012 In time
22. 1° agosto 2012 7 days in Havana
23. 7 agosto 2012 Sherlock Holmes: Gioco di ombre
24. 9 settembre 2012 Bella addormentata
25. 13 settembre 2012 Bellissima
26. 17 settembre 2012 È stato il figlio
27. 18 settembre 2012 Pietà
28. 23 settembre 2012 Il segreto dei suoi occhi
29. 6 ottobre 2012 Metropolis
30. 19 ottobre 2012 Lo spazio bianco
31. 24 ottobre 2012 Lulù - Il vaso di pandora
32. 27 ottobre 2012 Amour
33. 11 novembre 2012 La nave dolce
34. 13 novembre 2012 Woody
35. 17 novembre 2012 Milk
36. 21 novembre 2012 Venuto al mondo
37. 24 novembre 2012 La sposa promessa
38. 11 dicembre 2012 Il primo uomo
39. 24 dicembre 2012 Se mi lasci ti cancello
Eternal Sunshine of the Spotless Mind
40. 28 dicembre 2012 La collina dei papaveri

I film del 2011 sono qui.

lunedì 24 dicembre 2012

Il mugnaio di Saint-Souci

Vorrei avere mugnai e giudici con il diritto di parola.



18 febbraio 2009 - 21:59 
Me l'ero perso. Come al solito non c'è da aggiungere niente, se non che quest'uomo, forse perchè troppo intelligente, arguto e preparato, è stato mandato a fare la vacca grassa in un luogo dove non poteva nuocere alla nomenklatura dei partiti di sinistra mentre ne poteva essere uno dei fari più luminosi.
Con lui partirei per qualsiasi nuova strada politica... ma per fortuna ce ne sarebbero tanti altri da portare su con noi.

18 febbraio 2009 - 23:46 
Quello che piu' mi ha colpito in quei tristi giorni non e' stato tanto la tragedia di una persona che volgeva alla fine (purtroppo ci sono moltissime altre Eluane di cui noi adeso non sappiamo ancora nulla) quanto la ferita che sentivo aprirsi, squarciarsi, nel rapporto tra i poteri dello stato.
Se arriva un qualsiasi governo (o un qualsiasi legislatore) che puo' disfare a suo piacimento una sentenza di un giudice allora veramente puo' capitare di tutto.
Purtroppo adesso in Italia stiamo andando in questa direzione, cioe' quella di infischiarsene della Costituzione, il framework su cui si regge la nostra societa'.
Prima si e' cominciato con il lodo Alfano che rende speciali, di fronte alla legge, 4 persone rispetto a tutte le altre.
Poi si e' tentato di continuare con il decreto del governo sul caso Englaro. Adesso si sta continuando con la liberta' di stampa: carcere o multa a chi pubblica certe notizie. Fosse per me io darei un premio a chi pubblica certe notizie, altro che mandarlo in carcere!
Poi la possibilita' da parte dei medici di denunciare i clandestini.
E' difficile per me capire tutto cio'. Se dovessi spiegarlo alle mie figlie non saprei da dove cominciare. Posso resistere per altri 2-3 anni al massimo. Poi le mie figlie cominceranno a chiedermi conto di quello che cominceranno a vedere con i loro occhi. E io cosa potro' dire loro?

18 febbraio 2009 - 23:56
 
Dovrai dire loro come stanno le cose, perchè l'unica speranza di riscatto che vedo adesso è nelle giovani generazioni che si affacceranno nei prossimi anni.

venerdì 21 dicembre 2012

martedì 18 dicembre 2012

Mia carissima Lily




Venezia, 9.10.32
Mia carissima Lily,

Grazie di tutto cuore per la tua lettera ricevuta oggi. Mi ha fatto piacere perché, alla partenza, ti avevo lasciato triste. Sono lieto di sapere che riprendi le tue forze, che il "Bambimbo" sta bene e che già pone qualche problema. Domani è il tuo compleanno ma non riceverai lettere mie perché, ieri, l'Onnipotente non mi aveva ancora svelato cosa Venezia riserva, sin dal primo giorno, al suo visitatore. Penso oggi intensamente alla tua festa che tutti gli anni riserva qualcosa di nuovo e mi rallegro nella certezza che l'anno prossimo sarà ancora più bella.
Venezia è una città senz'automobili, senza carrozze, senza asini, senz'alberi, con pochi cani e molti gatti (ma nessuno bello). Motivo essenziale l'acqua alta in permanenza, in molte strade, anche in quelle principali. Chissà come staranno le case, immerse in questo costante pediluvio? Si cammina comodamente ma la tanta confusione e i molti ponti - dire molti è dire poco - causano enormi difficoltà: difficoltà che non sono tuttavia tra le minori. Impedimento ancora maggiore è infatti la mancanza di ogni punto di riferimento, così che orientarsi senza busoola sembra quasi impossibile.
Poche le eccezioni a questa confusione ed angustia di spazio (dire poche è già quasi esagerare); il Canal Grande (ma è bagnato); la piazza San Marco con l'attigua piazzetta ed il molo, che è largo per breve spazio, concede libertà allo sgardo. Ma è cosa da poco. È in queste condizioni che oggi ho gironzolato per ore, senza allenamento! Ma tutto è nuovo e pieno d'attrattive. Piazza San Marco è unica nel suo genere. Di più, dopo questa esperienza, non potrei dirti. Domani voglio visitare l'Accademia per ammirare i dipinti.
Il treno che da Milano (da dove ieri ti diedi notizie) mi portò qui era molto simpatico. Dopo la colazione, con due panini imbottiti, pranzai con dovizia in un'elegante carrozza-ristorante. All'arrivo trovai l'acqua già alta ciò che mi fece gridare spaventato "Pilsen"! Poi giunse un tizio che sapeva il tedesco e mi procurò un facchino. Il facchimo sollevò il mio modesto bagaglio quasi fosse pesante e corse in direzione di un orribile, misero battellino. Ed io dietro di lui. Dopo quattro fermate scendemmo e, percorso un tratto di strada a piedi, giungemmo a destinazione. In definitiva tutto regolare. A sera rintracciai la trattoria di Kandinsky che si chiama La Colomba. È per bene e niente cara. A Venezia è un pullulare, del resto, di simpatici ristorantini di ogni prezzo e dove ci si trova sempre a proprio agio.
Il tempo qui è diverso da quello che tu avevi previsto. Più caldo che bello, tende cioè alla "spruzzata" che quasi quasi neppure si può chiamare pioggia. L'aria è dolce. La gente, in genere, è più vitale che bella. Sa darsi un contegno, sa posare ed è restata sana di spirito. Di tanto in tanto ammiro cose stupende, come in un bel sogno.
Concludo. Abbi cura di te, in attesa che si possa, in una prossima occasione, bighellonare insieme. Ti bacio

il tuo Paul

lunedì 10 dicembre 2012

Il Parnàs


L'agosto del '44.
Quante tragedie.
Ma anche Pisa.
Tagliata in due dall'Arno.
I tedeschi erano schierati a nord e occupavano buona parte di Pisa, compresa la città vecchia con i suoi più importanti monumenti.
Gli alleati a sud.
I ponti sull'Arno tutti saltati.
E appunto, il 1º agosto, un altro eccidio nazista dove muoiono 7 ebrei e 5 cristiani raccolti nell'abitazione di Giuseppe Pardo Roques.
Ho appena finito di leggere Il Parnàs di Silvano Arieti che narra, in forma romanzata e un po' teatrale quegli avvenimenti.
Qualche anno fa avevo pure cominciato a leggere un saggio scientifico di Carla Forti intitolato Il caso Pardo Roques che analizzava dal punto di vista storico lo stesso avvenimento.
L'estate di quell'anno è stata tremenda.
E quanto poco ne sanno i giovani di adesso su tutti quegli avvenimenti.
Quanto poco ne sanno i pisani di ogni età di quanto è accaduto nella loro città in quegli anni.
Il 25 aprile sono solito salire verso S'Anna e fermarmi lungo la strada a festeggiare la Liberazione in qualcuno dei tanti paesi della Toscana.
E vedo solo persone anziane (molto più anziane di me) oppure bambini delle elementari accompagnate da qualche maestra. Dove sono tutti gli altri?
Per fortuna quando arrivo a Sant'Anna rivedo ancora giovani, per lo più tedeschi, che vengono in pellegrinaggio per cercare di capire cosa sia successo e per chiedere scusa.

Aggiornamento del 23/12/2012.
Leggendo questo articolo ho capito che i Taviani andarono ad abitare nel 1945 proprio a casa del Parnàs. Ecco infatti cosa ha ricordato venerdì scorso Vittorio Taviani:
«Carissimi, devo confessarvi una cosa: nel lontano 1945 quando la mia famiglia dovette trasferirsi da San Miniato a Pisa, dopo che la nostra casa era stata fatta saltare in aria durante la guerra, noi non volevamo assolutamente! Noi sognavamo di andare a Firenze! Il trasloco avvenne a bordo di un camion del circo equestre e noi piccini dovemmo arrampicarci sulla cabina lasciando i piedi ciondoloni davanti al vetro del guidatore. Eravamo una famiglia molto numerosa e ci dovemmo arrangiare così. Quando però arrivammo sul Lungarno, ci dicemmo l'un l'altro: "è molto più bello di quello di Firenze!" e ci innamorammo di questa città». La casa che li avrebbe ospitati - racconta - era stata di proprietà di un ebreo che aveva la fobia dei cani e che portava sempre con sè un bastone con il quale avrebbe potuto difendersi dalle bestie che, secondo lui, sarebbero prima o poi andate a fargli visita. E infatti i nazisti arrivarono. E lui per difendersi, alzò il bastone e li maledisse. Il gesto non fu abbastanza per fermare la follia omicida dei nazisti e lui, insieme con la sua famiglia,vennero trucidati.

domenica 9 dicembre 2012

Assalto al bene comune

Se l’Italia ha un Codice dei beni culturali e paesaggistici lo deve a Salvatore Settis, storico dell’arte e archeologo della Normale di Pisa che non si è mai risparmiato nella battaglia per la piena attuazione della Costituzione. Che con l’articolo 9 «promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione». Rientrato in Italia nel ’99, dopo aver diretto il Getty Museum, Settis ha intrapreso una tenace battaglia contro la svendita del patrimonio pubblico. Cominciata nel 1991, quando il governo Andreotti provò a istituire la Immobiliare Italia Spa, e culminato dieci anni dopo con la Patrimonio dello Stato spa di Tremonti che prevedeva cartolarizzazioni e dismissioni non solo di palazzi pubblici, ma anche di pezzi di paesaggio: «Da allora le ipotesi di dismissione ricorsero assai spesso, più o meno a ogni finanziaria», scrive Settis nel suo nuovo libro Azione popolare, cittadini per il bene comune (Einaudi). «Anche con i governi di centrosinistra del 1996-2001». Per denunciare lo scellerato tentativo di mettere all’asta il Paese, nel 2002 pubblicò l’incisivo Italia spa. L’assalto al patrimonio culturale (Einaudi) e da allora la sua battaglia per la tutela e la valorizzazione non ha conosciuto soste, sul piano degli studi scientifici, ma anche su quello più direttamente politico. Arrivando, appunto, a stilare il Codice dei beni culturali nel 2004 ma anche a dimettersi da presidente del Consiglio superiore dei beni culturali in dissenso con i feroci tagli alla cultura firmati dal ministro Bondi nel 2009 e con i suoi tentativi di silenziare quell’organo consultivo. Dopo tutto questo, come tacere ora davanti allo scempio della cosa pubblica che continua ben oltre la caduta del governo Berlusconi sotto l’egida del governo Monti? Perciò l’elegante e coltissimo professore, facendo suo il motto “Indignez-vous!” del partigiano Stéphan Hassel mira a scuoterci dal torpore con il suo nuovo libro (il più schiettamente politico). E ci invita a rileggere la Costituzione come manifesto politico contro «la prevalenza del profitto privato sul bene pubblico, la sopraffazione, l’arroccarsi delle caste a difesa di privilegi immeritati, la concezione di ambiente e paesaggio come materia bruta da devastare a proprio vantaggio».

Professore, gli italiani hanno perso la capacità di indignarsi per il sacco della cosa pubblica?

In realtà penso che i cittadini siano sempre meno indifferenti. C’è una grande sensibilità che sta crescendo. Nonostante questo, il sacco dell’Italia è evidente. Perciò credo sia molto importante collegare il saccheggio al patrimonio culturale e al paesaggio con tutte le altre forme di saccheggio a cui stiamo assistendo, con l’economia di rapina che sta proliferando a spese dello Stato e delle istituzioni pubbliche. Dobbiamo reagire. Avendo la consapevolezza che l’assalto al patrimonio culturale, così come quello a diritti come la salute e il lavoro, insieme all’assalto alle proprietà pubbliche o al demanio, sono parte di uno stesso disegno di smontaggio dello Stato; un disegno che ha il “piccolo difetto” di essere completamente illegale. Oltreché contrario all’interesse della generalità dei cittadini.

Nel suo nuovo libro scrive che il patrimonio d’arte è un “bene comune”. Ma da Craxi a Tremonti a Renzi è considerata «giacimento da sfruttare». La nostra classe dirigente non capisce che la cultura è un’esigenza irrinunciabile, non merce da depredare?

C’è una diffusa leggenda secondo cui la destra becera della stagione berlusconiana sarebbe stata sostituita da una destra colta e pulita. Ma bisogna constatare amaramente che la destra colta e tecnocratica del governo Monti fa esattamente le stesse cose della destra becera precedente. La destra di Sarkozy, invece, non ha tagliato i fondi alla cultura. Anzi ha puntato sulla ricerca come settore strategico. Beninteso la destra, come lei può ben capire, a me non piace per niente. Registro però che Frédéric Mitterrand dichiarava che i fondi del ministero della Cultura vanno considerati un santuario intoccabile. E, infatti, non furono diminuiti di un euro. Questo mentre in Italia si tagliava spietatamente. E al ministro Sandro Bondi non importava un bel niente.

Continuando il confronto, nell’attuale crisi, il ministro della Cultura del governo Hollande, Aurelie Filippetti, ribadisce che tagliare la cultura sarebbe una follia. E in Italia?

Bisogna avere il coraggio di dirselo chiaramente. Ormai anche la sinistra è rassegnata a subire i tagli alla cultura come una sorta di fatalità, dettata dalla crisi economica. Ma non è vero. Si veda anche la Germania che reagisce alla crisi dicendo che in cultura, tuttavia, si investe. Sono sempre di più i cittadini italiani che protestano contro questa concezione marginale della cultura, vista quasi fosse un lusso.

Ma non sono ancora abbastanza. Intanto i ministri Passera e Ornaghi firmano il manifesto per la cultura de Il Sole 24 ore, si stracciano le vesti per dire che non vorrebbero mai tagliare in cultura e intanto lo fanno. C’è questa doppia verità, questo doppio binario. Al teatro Eliseo, anche la platea di addetti ai lavori degli Stati generali della cultura ha contestato apertamente i due ministri.

Ero in Cile (per un ciclo di conferenze sui beni culturali, ndr), l’ho appreso dai giornali. Ma posso dire che i ministri contestati, Ornaghi e Profumo, sono del tutto appiattiti sull’operato dei loro predecessori, Bondi e Gelmini. Trovo veramente stupefacente che un governo tecnico - appoggiato anche dal Pd - abbia una così totale assenza di prospettiva nella politica culturale del Paese. Il ministro Passera e il viceministro Mario Ciaccia, nel frattempo, continuano a dire che troveranno 80 miliardi, 100 miliardi...Parlano di infrastrutture, di autostrade, non parlano mai seriamente di messa in sicurezza del territorio nonostante il Paese sia devastato da sismi e dissestato sotto il profilo idrogeologico. Passera parla sempre in occasioni pubbliche di un’agenda culturale del governo, ma è un flatus vocis dietro al quale non si vede il più remoto progetto concreto. Per non dire poi di Ornaghi, che non fa nemmeno promesse. Si limita a dire che lo Stato deve aspettare l’arrivo di finanziatori privati.

Per i beni culturali, Ornaghi auspica «meno Stato e più privati».

Che dica questo è gravissimo. Sarebbe come se un ministro della Repubblica per mantenere l’ordine pubblico dicesse «sarebbe bene chiamare la mafia». Contributi privati ai beni culturali sono i benvenuti, purché funzioni (secondo Costituzione) il sistema pubblico della tutela, con risorse pubbliche.

Soprintendenze territoriali sempre più depauperate di competenze, blocco delle assunzioni e nomine politiche ai vertici delle maggiori istituzioni, come la Melandri al MAXXI. Da dove ripartire per uscire da questo impasse?

Nel libro non suggerisco delle ricette per i beni culturali. Ho voluto dare un messaggio del tutto diverso: per poter affrontare il problema della cultura in maniera risolutiva è necessario inquadrarlo in un ambito più ampio. Il diritto alla cultura fa parte di un orizzonte costituzionale. Bisogna capire alla radice il problema.

Tutte le questioni che lei cita sarebbero facilissime da risolvere se ci fosse un ministro competente capace di prendere tutti i provvedimenti necessari.

Ma un tecnico di indubbia competenza come Mario Monti ha scelto come ministro della Cultura la persona più disadatta, la più lontana da questo compito. Per evitare che in futuro il ministro della Cultura sia una figura di quarta o quinta fila bisogna ridare centralità alla cultura e leggerla nell’orizzonte degli altri diritti costituzionali. L’articolo 9 non è frutto del caso. Non è un’intrusione. È assolutamente essenziale. La cultura, come il diritto alla salute, al lavoro, all’istruzione (scuola, università, ricerca) sono essenziali alla democrazia, alla libertà e all’uguaglianza, cioè ai valori fondamentali della Carta. Capendo questo si trova poi anche la soluzione alle singole questioni.

La Costituzione, lei scrive, è un manifesto politico, quanto mai vivo. Non un feticcio.

I diritti che citavo concorrono parimenti a garantire l’autonomia e la dignità del cittadino. L’articolo 9 va messo in relazione con la messa in sicurezza del territorio e con la tutela del paesaggio. D’altro canto la concezione costituzionale di tutela dell’ambiente risulta dalla combinazione con la tutela della salute e va letta in parallelo all’articolo 32, inteso come diritto alla salute. Per il futuro dell’Italia dobbiamo tenere insieme tutte queste cose. Non devono essere la seconda o la terza o la quarta preoccupazione, bensì la prima. Attuando la Costituzione si creerebbe tantissimo lavoro. E ce n’è molto bisogno oggi, specialmente per le generazioni giovani.

Il giurista Stefano Rodotà è stato invitato in Tunisia perché, dopo la Primavera araba, c’è chi pensa a una costituzione sull’esempio della nostra. La nostra Carta viene presa a modello all’estero e in Italia c’è chi la ritiene inattuale?

La nostra Carta è già stata presa ad esempio da altri Paesi. L’articolo 9 è stato copiato dalla Costituzione portoghese e da quella maltese ed è stato praticamente parafrasato da Paesi del Sudamerica. Chi parla della nostra Costituzione come di “un ferro vecchio” non sa quel che dice. O forse lo sa molto bene... Chi protesta contro l’articolo 42 sul diritto di proprietà che è limitato nella Carta italiana dall’utilità sociale, ora dice - come fa Berlusconi - che è vecchia e andrebbe cambiata. E non si accorge che sta criticando una Costituzione del 1948 auspicando un ritorno allo Statuto Albertino del 1848. Nello Statuto Albertino, infatti, la proprietà privata era un valore assoluto. Ora, dire che la Carta è invecchiata per poi tornare indietro di cento anni, mi sembra una mossa suicida.

(intervista di Simona Maggiorelli a Salvatore Settis)

venerdì 7 dicembre 2012

Più nulla doveva dipendere dall'esterno

Ogni dolcezza, ogni contatto, ogni abbandono, andava serrato nel cuore come in un carcere e disciplinato come un vizio, e più nulla doveva apparire all'esterno, alla coscienza. Più nulla doveva dipendere dall'esterno: né le cose né gli altri dovevano potere più nulla.
(Cesare Pavese, Il carcere, 1939)

giovedì 29 novembre 2012

(musica minimalista di) novembre

Oggi è una giornata così...



The Winter dall'album Rivers Arms dei Balmorhea.

domenica 25 novembre 2012

(canzone lagnosa di) novembre



So I'm waiting for this test to end
So these lighter days can soon begin
I'll be alone but maybe more carefree
Like a kite that floats so effortlessly
I was afraid to be alone
Now I'm scared thats how I'd like to be
All these faces none the same
How can there be so many personalities
So many lifeless empty hands
So many hearts in great demand
And now my sorrow seems so far away
Until I'm taken by these bolts of pain
But I turn them off and tuck them away
'till these rainy days that make them stay
And then I'll cry so hard to these sad songs
And the words still ring, once here now gone
And they echo through my head everyday
And I dont think they'll ever go away
Just like thinking of your childhood home
But we cant go back we're on our own
Oh,
But i'm about to give this one more shot
And find it in myself
I'll find it in myself
So were speeding towards that time of year
To the day that marks that you're not here
And i think I'll want to be alone
So please understand if I dont answer the phone
I'll just sit and stare at my deep blue walls
Until I can see nothing at all
Only particles some fast some slow
All my eyes can see is all I know
Ohh..
But I'm about to give this one more shot
And find it in myself
I'll find it in myself

(Azure Ray, 2002)

venerdì 23 novembre 2012

Non insegnate ai bambini

Giorgio Gaber e Sandro Luporini hanno dato prova di una lucidità critica fuori dal comune, un chiaro esempio di pensiero libero, indipendente e non ideologico, ricco di un «buonsenso sano». I testi delle canzoni e dei monologhi contengono spunti critici tutt’ora attualissimi nei temi di sempre, ossia il tentativo di indagare a capire la dimensione umana, le fatiche, le miserie, le lacerazioni quotidiane di tutti. Tentativo condotto sempre con grande sincerità ed onestà intellettuale.
(Gianni Martini, 2012)




Non insegnate ai bambini
non insegnate la vostra morale
è così stanca e malata
potrebbe far male
forse una grave imprudenza
è lasciarli in balia di una falsa coscienza.

Non elogiate il pensiero
che è sempre più raro
non indicate per loro
una via conosciuta
ma se proprio volete
insegnate soltanto la magia della vita.

Giro giro tondo cambia il mondo.

Non insegnate ai bambini
non divulgate illusioni sociali
non gli riempite il futuro
di vecchi ideali
l'unica cosa sicura è tenerli lontano
dalla nostra cultura.

Non esaltate il talento
che è sempre più spento
non li avviate al bel canto, al teatro
alla danza
ma se proprio volete
raccontategli il sogno di
un'antica speranza.

Non insegnate ai bambini
ma coltivate voi stessi il cuore e la mente
stategli sempre vicini
date fiducia all'amore il resto è niente.

Giro giro tondo cambia il mondo.
Giro giro tondo cambia il mondo.

martedì 20 novembre 2012

Ucraina



Ho appena finito di leggere questo libro.
Ho ricominciato a leggere dopo molti mesi di stasi.
Chi me l'ha regalato evidentemente conosce bene i miei gusti
E sa come farmi ripartire.

Ho apprezzato questo libro in parte per la forma narrativa, ma soprattutto perché mi ha fatto conoscere una realtà, quella della Ucraina, di cui ero assolutamente poco conscio. Mi ero scordato Stalin e la carestia degli anni '30 (ecco che ritornano gli anni '30 della mostra di due giorni fa!). E non sapevo affatto lo stato attuale di quello che era il granaio d'Europa. Entrambe le situazioni mi hanno colpito.

È un libro da leggere e discutere insieme.

domenica 18 novembre 2012

Anni '30


Bella, ricca (e anche, per fortuna, poco visitata) mostra a Palazzo Strozzi.


L’Ile de Cythère I (Ruggero Alfredo Michahelles, in arte RAM, 1933)


Vite orizzontale (Tullio Crali, 1938)

mercoledì 14 novembre 2012

C'è tempo

Una volta avevo paura del tempo.
Una volta guardavo solo indietro.
Adesso le mie frecce verso il futuro
partono dal presente
e dai sentimenti che albergano in me.

C'è sempre tempo per cambiare.
C'è sempre tempo per amare.
C'è sempre tempo per realizzare i nostri progetti.

Che buffi saremo!





Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.

C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.

C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate.

C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.

È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.

Dio, è proprio tanto che piove
e da un anno non torno
da mezz'ora sono qui arruffato
dentro una sala d'aspetto
di un tram che non viene
non essere gelosa di me
della mia vita
non essere gelosa di me
non essere mai gelosa di me.

C'è un tempo d'aspetto come dicevo
qualcosa di buono che verrà
un attimo fotografato, dipinto, segnato
e quello dopo perduto via
senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
la sua fotografia.

C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle
è un giorno che tutta la gente
si tende la mano
è il medesimo istante per tutti
che sarà benedetto, io credo
da molto lontano
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai
accanto a te nuovamente
mano alla mano
che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.

Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.

lunedì 12 novembre 2012

93

Oggi sarebbe stato il compleanno di mio papà.

domenica 11 novembre 2012

A Person Becomes Old When His Mind Is More Occupied by Memories Than Aspirations



Citazione recuperata dopo aver letto alcuni pensieri di Fuggetta
che prendevano spunto da questo thread.

Per fortuna, anche se ne ho più di 50, sono ancora giovane!

giovedì 8 novembre 2012

Devo trovare il modo di andare a vederlo



All’ultima Mostra del cinema (era inserito nella sezione fuori concorso) è sembrato un’apparizione nella laguna, il vascello fantasma di Daniele Vicari, La nave dolce, dolce come lo zucchero a bordo del mercantile che l’8 agosto 1991 scaricò nel porto di Bari una folla festosa di albanesi, «turisti» che lasciarono case, spiagge, fabbriche per correre verso il porto di Durazzo e salire sulla Vlora. Il documentario, che arriva ora in sala (passaggio abbastanza raro sul nostro mercato) è un thriller denso di emozioni nella ricostruzione dell’avvenimento che anticipò gli sbarchi sulle coste italiane, prima grande prova dei respingimenti di massa, e che ci mostra un «clandestino» gioiosamente accalcato sull’imbarcazione, fin sopra i pennoni, ragazzi perlopiù in costume da bagno, urlanti «Viva l’Italia», spinti dall’idea di libertà e di un paese conosciuto sugli schermi tv. 

Vicari intercala le immagini dell’epoca con le testimonianze di alcuni di loro che sfuggirono al rimpatrio forzato, e che ci raccontano come i ventimila (ma nessuno li contò) viaggiarono stretti l’uno all’altro, cibandosi solo di zucchero, erano partiti all’improvviso senza portare nulla con sé. Immagini bibliche, una massa di corpi esultanti che si tuffano in mare per raggiungere la banchina, e che vengono accolti con stupore dai baresi. Primi soccorsi, acqua, molti si fingono malati per sfuggire alla calca e al sole che batte infernale, qualcuno ritrova amici e fratelli. 

E poi la deportazione nello stadio della città, dove gruppi di violenti sequestrano il cibo lanciato sulla folla, impossibile distribuirlo diversamente, e l’atmosfera che si fa cupa, alcuni sfonderanno le porte e fuggiranno. Nel racconto di un «sopravvissuto», c’è un poliziotto che piange a sentire la storia del piccolo albanese in cerca di lavoro e di libertà. Il sindaco di Bari è contrario al trasferimento nello stadio e propone una tendopoli sul molo, ma dal ministero arriva l’ordine di spazzarli via, di sequestrare i 20mila, di ricacciarli indietro. La dolce nave diventa così uno struggente poema per immagini e parole, fotogrammi di un reale che ci perseguita, soprattutto nell’incursione in scena dell’allora presidente della repubblica, Francesco Cossiga, che in un scena da film horror si scaglia contro il sindaco di Bari, il disumano e l’umano, e lo minaccia di ritorsioni perché ha accolto quei ragazzi, i nostri vicini, i fratelli dell’altra sponda. Sarà difficile trovare un’inquadratura più crudele e insostenibile.

(Mariuccia Ciotta)

lunedì 5 novembre 2012

Fantasticano con il pennello come ubriachi di hashish


Ieri ho visitato, in compagnia di due signore, la mostra Wassily Kandinsky dalla Russia all'Europa" al Palazzo Blu di Pisa (dal 13 ottobre 2012 al 3 febbraio 2013).

Mi sono rimaste particolarmente impresse tre insiemi di opere: le illustrazioni di Ivan Bilibin, un quadro di Nikolaj Roerich e i vetri di Wassily Kandinsky.



Volga e la guardia armata (Ivan Bilibin, 1902)
acquerello e china su carta, cm 31 x 25



La battaglia dei cieli (Nikolaj Roeric, 1912)
tempera su cartone, cm 66 x 95



Amazzone con i leoni azzurri (Wassily Kandinsky, 1918)
olio su vetro, cm 31,3 x 24,2

Nelle quattro opere su vetro che Kandinsky eseguì in seguito allo scoppiare della prima guerra mondiale - parte nel 1916 a Stoccolma dove raggiunse per l'ultima volta Gabriele Münter che gli aveva organizzato colà una mostra rettrospettiva, e parte a Mosca - egli riprende esplicitamente due temi "passatisti". Da una parte egli ritorna infatti ad uno stile già trattato dieci anni prima servendosi della tecnica dell'acquerello, della tempera o della xilografia. Dall'altra egli si serve qui in modo sperimentale di una tecnica assai viva nell'arte popolare tedesca, soprattutto religiosa, quella della pittura su vetro che tanto interesse avevano suscitato tra il 1909 e il 1913 anche tra i suoi compagni Gabriele Münter, Jawlensky, Mar e Macke, gli artisti che formarono con lui il gruppo del Blaue Reiter. In un momento in cui Kandinsky era già intento a comporre quadri astratti e di grande rigore geometrico, egli sembra voler accentuare in queste opere che chiamerà scherzosamente Bagatelles, ma che tutte firmerà orgogliosamente con il proprio monogramma, l'aspetto fiabesco da fiaba popolare e il riferimento a quell'arte folclorica che, russa per i contenuti (come dimostrano la raffigurazione dei cavalli, del San Giorgio, degli abiti orientali dei personaggi, delle montagne con le cupole) e tedesca per l'uso della tecnica su vetro, rimarrà sempre, pur tradotta in forme astratte, a fondamento della sua ispirazione.

Quando le mostre meritano io mi emoziono (anche se il mio comportamento esterno da orso polare non lo dà a vedere). Ieri mi sono doppiamente emozionato: in primo luogo per la qualità della mostra e in secondo luogo perchè dopo molti decenni son tornato a visitare una mostra non da solo bensì in compagnia di una persona che stimo moltissimo (le ultime volte che ero accompagnato da una persona che conosceva così bene me e i miei gusti risaliva agli anni '80 con una amica dei tempi del liceo). Dovrò sicuramente ritornare a vedere questa mostra (ieri purtroppo vista un po' di volata) come altre che mi aspettano nelle prossime settimane a Treviso e Roma.

Ah... Dimenticavo... Il titolo del post è tratto da ciò che la critica d'arte ufficiale pensava del Blaue Reiter:
"Essi non dipingono soltanto i misteri più incomprensibili, ma scrivono anche cose incomprensibili sulla loro arte... fantasticano con il pennello e con la penna come malati di febbre, come morfinomani o come ubriachi di hashish".

domenica 4 novembre 2012

Takeshi Kitano Tapdance



Un regista poliedrico.
A casa il DVD originale del suo Zatoichi (Leone d'Argento nel 2003).

domenica 28 ottobre 2012

Amour - Una sconfinata giovinezza


Ieri ho visto Amour (di Michael Haneke, 2012).
Mi ha ricordato, per certi versi, Una Sconfinata giovinezza (di Pupi Avati, 2010).
Entrambi molto belli.
Entrambi hanno risvegliato in me emozioni sopite (messe a tacere da un inconscio che cerca di farmi sopravvivere nel day-by-day).
Entrambi i titoli sono significativi.



Cosa distingue, oggi e proprio oggi, un artista dalla pletora di “creativi” che ci affligge in tutti i campi dell’espressione, con il loro rimasticare il già detto e troppo detto – varianti di varianti di varianti, echi di echi di echi – o la pretesa di un “nuovo” che è poi il mercantile kitsch dell’epoca, il trash dello zeitgeist più pretenzioso e saccente? Direi la profondità, e cioè la ricerca che il lettore o spettatore o ascoltatore appena esigente non può non condividere, della “verità morale”, così come l’hanno intesa i maggiori artisti di sempre. Se c’è questo, le scelte che ciascun artista compie per esprimerla possono anche risultare secondarie.
Ma è questo che la società dei consumi trascura o mistifica, e quando qualcuno sembra mirarvi, la indirizza e ricatta per farne “comunicazione” e “narrazione” e renderla digeribile alle masse (da loro acquistabile) e, se non alle masse, alle schiere formate dalle corporazioni consolidate, ai poteri e sottopoteri del settore al cui centro sono i mediatori e comunicatori dei molti mezzi, nella cui area o scia operano anche gli artisti che hanno qualche talento, ma facilmente addomesticabile. La distinzione tra il nefasto, il superfluo e il necessario riguarda o dovrebbe riguardare ogni campo dell’attività umana, ma l’espressione artistica più di ogni altro.
Michael Haneke si è affermato con film molto duri, che all’inizio ci sembrarono perfino eccessivi e dubbi perché sembrava volessero disturbare per partito preso. Ma subito, con film come La pianista, Caché o II nastro bianco, si comprese che il suo era un modo serissimo di considerare il cinema e di richiedere al pubblico di attenzione e di serietà pari ai suoi. Con Amour, straziante agonia di due vecchi cultori di musica minuziosamente evocata, una coppia borghese schiva, banale e perfino noiosa, gli sarebbe stato facile non solo vincere premi ma anche commuovere vaste platee, tanto il problema della vecchiaia è comune, ma si direbbe che dell’esito del suo lavoro egli si sia dimenticato per cercare il massimo di verità e di rispetto che il soggetto esigeva. Pochi film hanno saputo rappresentare la vecchiaia con pari forza -dei giapponesi Kinoshita, Ozu, Kurosawa, di McCarey, di De Sica – ma forse nessuno ha saputo rappresentare in cinema l’umana corruzione dei corpi (the way of all flesh), il progressivo annientamento di ogni energia, la sudditanza alla malattia, con l’attenzione di Haneke. E di raccontare infine la scelta di non più tollerare il dolore della persona amata e il proprio dolore.
Dentro una scena quasi unica – un appartamento – e con pochi personaggi di contorno – una figlia, un allievo, una coppia di portinai, un medico, una o due badanti … – assistiamo a questa decadenza e diciamo pure a quest’agonia, come a qualcosa che tutti conosciamo bene, anche chi ne è ancora biologicamente lontano, ma che nessuno aveva ancora osato rappresentare con questa precisione, con questa crudele partecipazione. Crudele? Sì, se s’intende con crudele non il compiacimento per i modi in cui il male e i limiti dell’umano ci si mostrano, ma la necessità di andare a fondo, di rappresentare il vero per ricavarne una morale primaria, la più essenziale di tutte, che Haneke esprime a parole soltanto nella parolina del titolo: Amour. L’amore come unione di due anime e corpi, e l’insostenibile fatica di accettare che uno dei due si degradi e si allontani, che la comune biologia ce lo allontani, ma anche l’amore come caritas, dedizione all’altro, a un prossimo che in questo caso è diventato -per il mistero dell’amore – il prossimo più prossimo di tutti.
Assistito da Jean-Louis Trintignant e da Emmanuelle Riva, due attori coraggiosi e decisi come il regista ad andare fino in fondo nella rappresentazione della vecchiaia e della morte, del confronto con la morte – perché non più attori o non solo attori ma soprattutto vecchi che in quanto tali, anche oltre il loro stesso decadimento, hanno dovuto confrontarsi con la vecchiaia altrui e con il dolore -Haneke ha realizzato un film che vanifica le parole, che impone allo spettatore (e al critico) un rispetto che va oltre il cinema. Perché ci sono film che sono più che cinema, e perché ci sono artisti che non vogliono né sbalordirci né commuoverci ma portarci a ricordare i nostri limiti, proprio quelli di tutti. Il suo, come quello dei grandi registi del passato, è un cinema che constata e ci chiede di constatare. E che giustamente esige dallo spettatore che sappia alzarsi al livello del suo discorso e della sua espressione. Non più di questo, ma è il massimo. E andare a cercare il pelo nell’uovo sarebbe, di fronte a questo, più che irrispettoso ridicolo.

(Goffredo Fofi, Il Sole 24 ore – Domenica 28 ottobre 2012)
 

sabato 20 ottobre 2012

Cielo rojo




Sola sin tu cariño
Voy caminando
Voy caminando
Y no se que hacer

Ni el cielo me contesta
Cuando pregunto por ti mujer

Mientras yo estoy dormido
Sueño que vamos
Los dos muy juntos
A un cielo azul

Pero cuando despierto
El cielo rojo me faltas tú
Deja que yo te busque y si te encuentro
Y si te encuentro vuelve otra vez
Olvida lo pasado
Ya no te acuerdes de aquel ayer

martedì 16 ottobre 2012

The Real bears




Non poteva mancare in questo blog!

Vivo en un país libre



Vivo en un país libre
Cual solamente puede ser libre
En esta tierra, en este instante
Y soy feliz porque soy gigante.
Amo a una mujer clara
Que amo y me ama
Sin pedir nada
-o casi nada,
Que no es lo mismo
Pero es igual-.

Y si esto fuera poco,
Tengo mis cantos
Que poco a poco
Muelo y rehago
Habitando el tiempo,
Como le cuadra
A un hombre despierto.
Soy feliz,
Soy un hombre feliz,
Y quiero que me perdonen
Por este día
Los muertos de mi felicidad.

(Silvio Rodriguez)

domenica 14 ottobre 2012

Cristina Branco




Un'altra canzone lagnosa, ma terribilmente sensuale.
Magia del fado?



O meu amor
Tem um jeito manso que é só seu
E que me deixa louca
Quando me beija a boca
A minha pele inteira fica arrepiada
E me beija com calma e fundo
Até minha alma se sentir beijada, ai

O meu amor
Tem um jeito manso que é só seu
Que rouba os meus sentidos
Viola os meus ouvidos
Com tantos segredos lindos e indecentes
Depois brinca comigo
Ri do meu umbigo
E me crava os dentes, ai

Eu sou sua menina, viu?
E ele é o meu rapaz
Meu corpo é testemunha
Do bem que ele me faz

O meu amor
Tem um jeito manso que é só seu
De me deixar maluca
Quando me roça a nuca
E quase me machuca com a barba malfeita
E de pousar as coxas entre as minhas coxas
Quando ele se deita, ai

O meu amor
Tem um jeito manso que é só seu
De me fazer rodeios
De me beijar os seios
Me beijar o ventre
E me deixar em brasa
Desfruta do meu corpo
Como se o meu corpo fosse a sua casa, ai

Eu sou sua menina, viu?
E ele é o meu rapaz
Meu corpo é testemunha
Do bem que ele me faz

Spinoza



Spinoza nacque nella prospera città di Amsterdam nel 1632 al culmine dell'epoca d'oro olandese. Quello stesso anno, a quattro passi dalla casa degli Spinoza, un Rembrandt van Rijn ventitreenne stava dipengendo La Lezione di anatomia del dottor Tulp, il quadro che l'avrebbe reso famoso. Il mecenate di Rembrandt, Costantijn Huygens, statista e poeta, segretario del principe d'Orange e amico di John Donne, era da poco diventato padre di Christiaan, che sarebbe diventato uno dei più celebri astronomi e fisici di tutti i tempi. Cartesio, il filosofo più importante dell'epoca, aveva trentadue anni e abitava anch'egli ad Amsterdam lungo il Prinsengracht, e in quel periodo si preoccupava dell'accoglienza che le nuove idee riguardanti la natura umana avrebbero ricevuto in Olanda e all'estero. Presto avrebbe cominciato ad insegnare algebra al giovane Christiaan Huygens. Il luogo che vide la nascita di Spinoza era di una ricchezza intelletuale e materiale persino eccessiva, addirittura tale - per riprendere l'immagine quanto mai appropriata di Simon Schama - da provocare disagio.

sabato 13 ottobre 2012

Un tunnel sotto l'Arno

Apprendo dalla stampa di un progetto per la costruzione di un tunnel sotterraneo a Firenze. Mi vengono i brividi, inorridisco di fronte al pensiero che noi andremo a «minare» dalle fondamenta quel capolavoro di arte che la storia ci ha lasciato. Minare, sì, perché un tunnel in cui passano treni, anche a bassa velocità, sotto i palazzi storici è sicuramente paragonabile, negli effetti di un possibile incidente, ad una notevole esplosione. Questo prescindendo dalla bontà del progetto e della sua realizzazione, che sarà sicuramente allo «stato dell'arte» ma mai e poi mai potrà essere a rischio zero. Chi sta portando avanti questo progetto? Le FS ed il Comune di Firenze.
L'AD Moretti ed il sindaco Renzi potrebbero passare alla storia come gli artefici di una mirabile opera di ingegneria che al prezzo di sconvolgere la città per mesi e mesi, durante i lavori, produrrà il «rilevante» effetto di far arrivare i treni dieci minuti prima.
Questo è proprio quello che si vuole? I costi? I rischi? Siamo certi che sia così importante l'opera in sé? La sua realizzazione è sicuramente una cosa rilevante per le imprese, i progettisti e quant'altri vi siano coinvolti: ma una volta realizzata migliorerà di tanto le necessità di mobilità della maggioranza degli italiani? Di quelli che quando salgono su un treno si preoccupano per prima cosa di vedere quale sia la prima porta utile «non guasta» da utilizzare per la discesa. Non è raro in un convoglio trovare due, tre, quattro porte guaste.
La costruzione della stazione sotterranea di sei piani cambierà le cose? Non credo proprio, e ribadisco il mio pensiero: inorridisco di fronte alla prospettiva che una società che risparmia sulle manutenzioni delle porte gestisca convogli sotterranei, sotto un gioiello come Firenze (anche se città «piccola e povera» secondo alcuni) e che il sindaco di questa città si preoccupi di «opere compensative» e non del rischio a cui questo progetto espone Firenze ed i fiorentini.
Salvatore Di Stefano
(ex Ferroviere)

martedì 9 ottobre 2012

Dauðalognm




Perché amo le canzoni lagnose.

giovedì 4 ottobre 2012

Chiesa dei Miracoli - È per questo che io amo profondamente il cinema


Ci sono alcuni film che mi sono rimasti dentro.
Così come ci sono luoghi speciali.
Ho la fortuna di vivere vicino ad una di queste meraviglie.
E per i casi della vita mi trovo spesso ultimamente a gustare questa bellezza.
E nonostante la folla malmostosa dei turisti che la affollano durante il giorno
credo che questa piazza e questa chiesa siano proprio stupendi.



Io son sicuro che quelli che l'hanno costruita dopo
si sono messi a guardarla da qui.
Proprio dove sono io.
Sono stati bravissimi.
È un miracolo !
Io brindo a te Chiesa dei Miracoli.



Quello che so è che quelle opere nacquero come nascono queste oggi: da uno stesso sogno collettivo.
Io sono convinto che i vostri figli Bonanni siano come queglli oscuri tagliatori di pietra che hanno inciso i loro capolavori sulle cattedrali che voi onorate, che hanno contribuito a renderle famose con la propria arte e che hanno aiutato il prossimo a credere e a vivere meglio.
Ed è per questo che io amo profondamente il cinema e lo rispetto Bonanni.

lunedì 1 ottobre 2012

Lapide ad ignominia

Oggi ho letto una pessima notizia.

Mi ha colpito non tanto perché io goda nel vedere in prigione vecchietti di 90 anni quanto perché tutto ciò non aiuterà a ricordare.

Negli ultimi anni ho cominciato a festeggiare il 25 aprile salendo a Sant'Anna di Stazzema e rivivendo, per qualche ora, ciò che è successo nell'agosto del '44. Mi sono reso conto che ricordare e non dimenticare è importante. E la cosa più bella che negli anni ho visto e apprezzato è che un gran numero di tedeschi vieni a visitare questo simbolo. E la cosa mi fa sempre più piacere perché mi suggerisce che forse un'Europa stia veramente nascendo. Quando salgo a Sant'Anna mi fermo spesso a leggere le parole di Calamandrei, nella sua famosa lapide ad ignomia, risposta a quanto Kesselring aveva affermato e cioè che non si pentiva affatto di tutto ciò che aveva fatto durante i suoi 18 mesi di comando in Italia. Cliccate sulla foto per leggere a pieno-schermo le parole di Calamandrei.

E se avete 50 minuti a disposizione allora guardate Scalpiccii sotto i Platani di Elisabetta Salvatori e Matteo Ceramelli.

domenica 30 settembre 2012

Domenica mattina



L'universo oggi ce l'ha con me?
  • il manico della padella si è bruciato mentre stavamo preparando le crepes a colazione.
  • la porta di casa non si apriva più e quindi abbiamo dovuto rovinare l'infisso per entrare.
Ed è solo mezzogiorno.
Cosa mi aspetterà nel pomeriggio?

venerdì 28 settembre 2012

Rin del Angelito



Ya se va para los cielos
ese querido angelito
a rogar por sus abuelos
por sus padres y hermanitos.
Cuando se muere la carne
el alma busca su sitio
adentro de una amapola
o dentro de un pajarito.

La tierra lo está esperando
con su corazón abierto
por eso es que el angelito
parece que está despierto.
Cuando se muere la carne
el alma busca su centro
en el brillo de una rosa
o de un pececito nuevo.

En su cunita de tierra
lo arrullará una campana
mientras la lluvia le limpia
su carita en la mañana.
Cuando se muere la carne
el alma busca su diana
en el misterio del mundo
que le ha abierto su ventana.

Las mariposas alegres
de ver el bello angelito
alrededor de su cuna
le caminan despacito.
Cuando se muere la carne
el alma va derechito
a saludar a la luna
y de paso al lucerito.

Adónde se fue su gracia
y a dónde fue su dulzura
porque se cae su cuerpo
como la fruta madura.
Cuando se muere la carne
el alma busca en la altura
la explicación de su vida
cortada con tal premura,
la explicación de su muerte
prisionera en una tumba.
Cuando se muere la carne
el alma se queda oscura.
(Violeta Parra)

... le canzoni lagnose che ascolta babbo in macchina ...

martedì 25 settembre 2012

Boo Radley

Stasera, uscito dall'ufficio, mi sono infilato in macchina e ho ascolato gli ultimi 3 capitoli letti da Alba Rohrwacher. Mi sono fermato in un parcheggio vicino a casa per sentire la fine della storia che avevo già letto nell'aprile del 2008.

Mi sono sempre identificato con Atticus Finch. O, per lo meno, ho sempre voluto assomigliargli. Ma forse sono molto più simile a Boo Radley.

lunedì 24 settembre 2012

Sei donne


Oggi con un solo gesto ho reso felici sei donne.
E non le conoscevo neanche tutte.
Non si sono chiuse a riccio!
No, si sono eccitate tutte.
E una era proprio felice e divertita e leggera,
con un sorriso che ricompensava di tutto.

Entanglement


L'entanglement quantistico o correlazione quantistica è un fenomeno quantistico, privo di analogo classico, in cui ogni stato quantico di un insieme di due o più sistemi fisici dipende dallo stato di ciascun sistema, anche se essi sono spazialmente separati.
Viene a volte reso in italiano con il termine "non-separabilità".
...


6 maggio 2015
Secondo me l'entanglement è una esasperazione (positiva!) dell'empatia.
Penso a vicinanza, sincronicità, commutatività.
Non c'è bisogno di richieste d'aiuto.
La comprensione è immediata, istantanea.
Non c'è bisogno di un linguaggio per mediare le emozioni.
È una bellissima avventura.

19-20 agosto 2015
Anche alcuni sogni sono esempi evidenti di entanglement.

domenica 23 settembre 2012

sabato 22 settembre 2012

Terrazzi fioriti


Eppure una volta ero bravo.
Avevo il pollice verde.
E avevo un terrazzo da far invidia alla vicina.



Poi, dopo poco meno di 20 anni, ci ho riprovato più volte.
L'ultima qui.
Eppure mi muoiono sempre tutti i fiori.
Le ultime bouganville mi hanno lasciato qualche giorno fa

Sono profondamente invidioso di un terrazzo come questo qui sotto.



Conosco la proprietaria da eoni, eppure è sempre bella come una volta.
È superata solo dalla figlia.
Ma è giusto che i figli siano migliori dei genitori.

giovedì 20 settembre 2012

Atticus




In questi giorni sto ascoltando la lettura di Alba Rohrwacher.
Come mi hanno affascinato la lettura del libro e la visione del film molti anni fa, adesso ascoltarlo capitolo dopo capitolo, giorno dopo giorno, mi piace sempre di più.
Nei primi capitolo ho apprezzato la descrizione dell'Alabama della prima metà del novecento.
Mi è piaciuto moltissimo il tratteggio dei personaggi e di Scout in particolare.
Stamani sono giunto alla famosa arringa di Atticus, che forse nel testo di Lee è ancora migliore della ottima interpretazione di Gregory Peck che forse molti ricorderanno.
Sono un idealista come e più di Finch. Bisognerebbe rileggere la sua arringa (nel testo della Lee) quando parla del vero significato della uguaglianza di tutti gli uomini e quando si auspica un sistema giudiziario che interpreti al pieno questa eguaglianza.
Proprio molto molto bello.


To begin with,
this case should never have come to trial.
The State has not produced one iota...
of medical evidence...
that the crime Tom Robinson is charged with...
ever took place.
It has relied, instead,
upon the testimony of two witnesses...
whose evidence has not only been called into serious question...
on cross-examination,
but has been flatly contradicted by the defendant.
There is circumstantial evidence to indicate that...
Mayella Ewell was beaten savagely...
by someone who led, almost exclusively, with his left.
Tom Robinson now sits before you having taken the oath...
with the only good hand he possesses,
his right.
I have nothing but pity in my heart...
for the chief witness for the State.
She is the victim of cruel poverty and ignorance.
But my pity...
does not extend so far...
as to her putting a man's life at stake,
which she has done in an effort to get rid of her own guilt.
Now I say "guilt," gentlemen,
because it was guilt that motivated her.
She's committed no crime.
She has merely broken a rigid and time-honored...
code of our society...
a code so severe that whoever breaks it is hounded from our midst...
as unfit to live with.
She must destroy the evidence...
of her offense.
But what was the evidence of her offense?
Tom Robinson, a human being.
She must put Tom Robinson away from her.
Tom Robinson was to her a daily reminder...
of what she did.
Now, what did she do?
She tempted a Negro.
She was white, and she tempted a Negro.
She did something that, in our society, is unspeakable.
She kissed a black man.
Not an old uncle,
but a strong, young Negro man.
No code mattered to her before she broke it,
but it came crashing down on her afterwards.
The witnesses for the State, with the exception of the sheriff of Maycomb County.
have presented themselves to you gentlemen, to this court...
in the cynical confidence...
that their testimony would not be doubted.
Confident that you gentlemen would go along with them...
on the assumption...
the evil assumption...
that all Negroes lie,
all Negroes are basically immoral beings,
all Negro men are not to be trusted around our women.
An assumption that one associates with minds of their caliber,
and which is, in itself, gentlemen, a lie,
which I do not need to point out to you.
And so,
a quiet, humble, respectable Negro,
who has had the unmitigated temerity...
to feel sorry for a white woman,
has had to put his word against two white people's.
The defendant is not guilty,
but somebody in this courtroom is.
Now, gentlemen,
in this country,
our courts are the great levelers.
In our courts,
all men are created equal.
I'm no idealist to believe firmly...
in the integrity of our courts and of our jury system.
That's no ideal to me. That is a living, working reality!
Now I am confident that you gentlemen will review...
without passion...
the evidence that you have heard,
come to a decision...
and restore this man to his family.
In the name of God,
do your duty.
In the name of God,
believe...
Tom Robinson.

martedì 18 settembre 2012

2 strozzini



In due sere due diversi film con strozzini.
Quello di stasera è da dimenticare.
Molto molto meglio lo strozzino di Palermo girato in Puglia.
Oppure le 4 stagioni.
Per sopravvivere non resta che mangiarsi una fetta di crostata coi fichi.
Così buona che me la sono pure sognata ed è stato il più bel sogno dell'anno.
Quand'è che inventano una macchina per registrare e riprodurre i sogni?

lunedì 17 settembre 2012

È stata la nonna




Non è giusto! dicevano le mie figlie quando erano piccole ed avevano un innato senso della giustizia con la G maiuscola (quasi divina). Adesso stanno crescendo e cominciano, poco poco (quasi niente), a capire la giustizia sociale. Un po' alla volta, crescendo, fra una cinquantina d'anni, forse applicheranno la giustizia delle nonne.

domenica 16 settembre 2012

Ultima domenica d'estate




Li ho ascoltati alla Versiliana meno di un mese fa.
Una mia straniera amica direbbe che sono solo canzonette,
ma sto solo cercando me stesso
in questa estate senza mare
come non accadeva da decenni
proprio da quando nell'estate dell'86
quella stessa donna mi ri-avvicinò al mare.

sabato 15 settembre 2012

652 tra La Capraia e l'Elba



Tra ieri sera e stamani mi sono gustato le 652 foto scattate in una settimana estiva passata in barca a vela tra l'Elba e la Capraia. Un buon centinaio sono veramente belle. Tra le tante ho scelto questa come nuovo sfondo del mio PC.

venerdì 14 settembre 2012

È tornato



Ieri ha riaperto il Lanteri.
Oggi riapre l'Arsenale.
Anima Mundi è in corso.

Anche se la temperatura non lo fa sospettare l'autunno è tornato.

giovedì 13 settembre 2012

Coccolone


2º giorno di scuola.
In 1ª liceo un coccolone
In 2ª media una nuova prof RAV.

Come si prospettano i rimanenti giorni dell'anno scolastico?

lunedì 10 settembre 2012

Bella addormentata




Ieri sera sono andato a vedere il film di Bellocchio.
Non è un film su Eluana.
E Eluana non è la Bella Addormentata.
È un film che non offre soluzioni.
Non è un film di parte.

Quando sono andato al cinema ho lasciato le chiavi di casa in macchina.
Ritornato a casa, dopo aver parcheggiato nel garage ho preso l'ascensore per raggiungere il mio appartamento e... non potevo entrare senza chiavi!
E non potevo neppure andare in garage a riprendere le chiavi, visto che le chiavi del garage erano, insieme con quelle di casa, in macchina.
Era quasi l'una di notte. Che fare?
Aspettare che qualcuno entrasse o uscisse dal garage? Avrei potuto aspettare anche fino alla mattina successiva (dormendo dove?).
Anche se era molto tardi ho suonato dal vicino (per fortuna non ancora a letto) e ho risolto il problema.

Forse non ho capito del tutto la morale del film, ma la morale della mia favola è chiara. Mai lasciare chiavi o portafoglio in macchina!

mercoledì 5 settembre 2012

martedì 4 settembre 2012

lunedì 3 settembre 2012

San Francisco

Oggi nella buca delle lettere ho trovato l'ultimo numero di Touring. Tra i vari articoli mi è piaciuto veramente tanto quello di Emanuele Bevilacqua su San Francisco. Mi ha fatto venire una grande voglia di andarci (di ritornarci).



La mia prima volta a San Francisco è stata nel settembre del 1975, il presidente Nixon era stato sostituito da Ford, ma la guerra in Vietnam non era ancora finita. E la prima cosa che ho visto è stato il buio del parco più bello del mondo, il Golden Gate Park. Vi si svolgeva un concerto che è rimasto nel cuore rock di quella generazione. I Grateful Dead di Jerry Garcia e i Jefferson Starship della grande Grace Slick tornavano in città per uno spettacolo gratuito, dopo anni di incertezze, follie e droga che li avevano allontanati dai loro fan.
Al Golden Gate Park c’erano oltre 50mila persone. Partito da Los Angeles, arrivai tardi con i miei amici. Sfiorammo un milione di corpi, chiedemmo centomila volte scusa. Avevamo un pass per fotografare il concerto. Dopo un tempo che mi parve eterno, i Jefferson già cantavano Miracles («tu credi nei miracoli bambina?»), riuscimmo a raggiungere il palco. Presi posto accanto a Paul Kantner, il chitarrista della band, con la mia Pentax che oggi sarebbe un cimelio. Quella sera ho consumato decine di rullini, guardato negli occhi Grace Slick e fatto cadere da un amplificatore sua figlia China. Il mattino dopo ho giocato a ping pong con Jerry Garcia. Per i reduci del rock è come dire di aver fatto jogging con Obama.
Ho poi abitato, studiato, lavorato, giocato e sognato a San Francisco. Ma non posso dire di conoscerla. Quel che ti insegna è che la sua scoperta non finisce mai. Siamo nella città più affascinante del mondo perché cambia ogni volta e devi proprio fermarti a guardare la Coit Tower e la celebrazione dei suoi eroici pompieri, per essere ben certo di essere qui. È una città che rende felici ed è piena di posti che fanno star bene. Ma è in continua mutazione.

Letteratura e tecnologia qui procedono di pari passo. Anzi, danzano insieme da decenni. Questa è la città che ha accolto gli eroi della Beat Generation: Allen Ginsberg, Jack Kerouac e Lawrence Ferlinghetti, che a 93 anni ancora dirige la sua libreria/casa editrice City Lights Books. Da qualche anno un giovane scrittore, Dave Eggers, ha inventato una nuova utopia letteraria, la rivista e casa editrice McSweeney’s. Qui collaborano i migliori talenti letterari degli Usa e gli autori si danno il turno nel pomeriggio nel quartiere generale, Valencia 826, per aiutare i ragazzini ispanici a fare i compiti.
Non è possibile immaginare altro luogo che possa aver ispirato Steve Jobs e la sua Apple negli anni Ottanta. Solo ieri, o al massimo l’altro ieri, Facebook, Twitter sono nate da queste parti, i suoi ispiratori hanno respirato quell’aria fatta di nebbia, oceano, misticismo zen, rock e «Yes we can» che fa di questa baia un posto unico al mondo. Tutto questo si avverte molto bene girando per le strade, basta armarsi un po’ di curiosità. A San Francisco se si incrocia il proprio sguardo con uno sconosciuto è normale che l’altro sorrida e vi saluti. Da noi succede solo d’estate in alta quota sulle Dolomiti, quando ci si incrocia sui sentieri delle passeggiate. A San Francisco succede tutti i giorni dell’anno.

Mi piace arrivare a San Francisco il sabato sera. Da alcuni anni non vado più in albergo, ma ce ne sono di eccellenti. Uno dei miei preferiti è il Washington Square Inn. È piccolo, ma a San Francisco non ci si va tutti i giorni e quindi basta prenotare per tempo per trovare posto. C’è anche lo Stanyan Park Hotel, vicino al Golden Gate Park, ma adoro stare a North Beach, il quartiere italiano, sebbene sia pieno di posti turistici da evitare. Ora affitto case attraverso il sito www.vrbo.com. Dopo anni che lo faccio, vado ormai sempre negli stessi due o tre appartamenti, ho fatto amicizia con i proprietari.
Arrivo in volo da Londra, bagagli a mano e poche formalità alla dogana. Siamo in California. Niente taxi o bus. Qui c’è il Bart, che non ha nulla a che vedere con i Simpson. È il treno metropolitano Bay Area Rapid Transport, e tutti lo amano anche se non ha nulla di speciale. Lo usano uomini d’affari, studenti per andare a Berkeley, viaggiatori per andare e tornare dalla città. Poche fermate e si è nel cuore di San Francisco. Carico lo zaino sulle spalle e affronto Colombus Avenue, la diagonale che porta a North Beach. Il peso si fa sentire, ma ho bisogno di percorrere questa strada a piedi, dal Transamerica Building, simbolo del quartiere degli affari fino ai locali cinesi che costeggiano il quartiere italiano.
Più in su c’è la libreria di Ferlinghetti e poi continuando a salire tutto si mescola, la Wells Fargo Bank, con le scritte in cinese e una montagna di posti acchiappa turisti, ma c’è anche il mitico Saloon, il locale perfetto (www.sfblues.net). È silenzioso e anonimo fino alle dieci di sera, poi si accende all’improvviso. Arrivano dalla notte protagonisti di vari pianeti. Il Saloon è il bar di Star Wars, esseri diversi a contatto di gomito, pronti ad alzare i gomiti. E arriva la musica fra quelle pareti, nell’attesa che l’alba svuoti il bicchiere, il locale, la strada. Al Saloon si va per bere una birra e sentire improbabili band di rock blues formate da ultrasessantenni sovrappeso, ma non sono mai uscito deluso una sola volta. E il pubblico, giovani, giovanissimi e coetanei dei musicisti, si diverte moltissimo. Non si vede un turista dentro, perché la fauna del locale appare inquietante. La pelle invece si rischia se si mangia nei tanti ristoranti della zona. Difficile trovare quello giusto.

Poso il bagaglio a casa e rifaccio la strada contraria fino a Union Square, regno dello shopping della città. Poco distante, al 20 di Cosmo Place, c’è un magnifico ristorante franco-vietnamita, si chiama Le Colonial (www.lecolonialsf.com). E il mio tavolo è prenotato da tempo attraverso il sito Open Table (www.opentable.com): in città non è facile trovare posto. È addirittura impossibile nei weekend. Il cibo è eccellente e, se si è fortunati, il posto è anche tranquillo. Chi vive a San Francisco ama la tavola ed è mediamente educato. Dopo un po’ di drink il clima si scalda, il volume delle voci sale di molti decibel. Se poi notano che sei solo, pensano che ti annoi e tendono a coinvolgerti. Il colmo è capitato una sera quando una ragazza in abito da sposa mi ha invitato a salire sulla sua limousine con le amiche per festeggiare l’ultima notte da single prima del matrimonio. Era simpatica, ma non vado in giro di notte con delle ragazze scatenate. Non ho più l’età.
Un episodio che rende bene l’idea di che cosa accade a San Francisco. La «Summer of love» degli anni Sessanta non è ancora del tutto finita. Non è un caso che buona parte della popolazione sia formata da gay. In questa città si respira un clima di uguaglianza e serenità che permette a chiunque di condurre la propria vita senza pregiudizi.

Il clima è tranquillo, ma è una conquista, non sempre è stato così, basta scorrere le cronache o ricordare film come Milk (2008), con Sean Penn e diretto da Gus Van Sant, sulla vita di Harvey Milk, primo gay dichiarato a essere eletto a una carica politica e assassinato nel 1978, per averne conferma.
La domenica mattina ci si alza presto perché bisogna correre da Mama’s (www.mamas-sf.com) per fare colazione. È un ristorante proprio all’angolo fra Stockton e Washington Square. Ci si mette in fila con il San Francisco Chronicle in mano e si aspetta il proprio turno per entrare. Intanto si possono osservare decine di cinesi che fanno ginnastica in piazza. Non importa se mangiate un dungeness crab benedict o pancakes con la marmellata fatta in casa, qui la materia prima è eccellente e i ragazzi che servono ai tavoli gentili e sorridenti. Le ricette sono quelle di Mama Sanchez anche se oggi sono i giovani Felicia e Mikey a mandare avanti il ristorante. Non c’è domenica senza Mama’s, non per me almeno.
A quel punto prendo un taxi e vado al Golden Gate Park, a Stanyan Street, dove ci sono un paio di negozi che affittano bici. Prendo la mia e mi lancio a capofitto nel parco. È ancora presto e non è affollato, si va giù, per tutta la lunghezza del parco, fino all’oceano Pacifico, si passa davanti ai due mulini a vento regalo della regina Guglielmina d’Olanda. Andar giù fino all’oceano è un gioco da ragazzi, è tutta discesa, il bello è tornare indietro. Ecco perché una sosta di meditazione a guardare il mare è consigliabile, come pure uno studio degli scogli al largo dove giacciono pigri i leoni marini. Sulla destra c’è la Cliff House, un poco turistica, ma divertente per prendere un drink mentre le onde schizzano un po’ ovunque.

Al ritorno la salita è faticosa, ma ci sono un mucchio di cose da fare. Un salto al Conservatorium, serra di vetro e metallo verniciato di bianco che contiene le piante più esotiche, una visita al de Young Museum, capolavoro degli architetti Herzog & de Meuron: c’è sempre una mostra che vale la pena di vedere. Proprio di fronte c’è il nuovo museo delle Scienze, progettato da Renzo Piano. Accanto lo strepitoso Japanese Tea Garden, tempio della cultura giapponese in città. A poche decine di metri, alle spalle del complesso del de Young Museum, ogni domenica si tengono lezioni di ballo. Dalle 11 alle 14 un gruppo di aspiranti ballerini si scatena ai ritmi più diversi. Esilarante. Provare per credere.

Girando per alcuni quartieri di San Francisco si può avere l’impressione di stare a Londra, ma uno dei segreti della città è quello di aver saputo mescolare molti elementi in apparenza incompatibili fra loro. Fra questi il sapore dell’Europa, le radici americane e l’Oriente. Non è che l’inizio di una scoperta, una volta restituita la bicicletta ci si può addentrare a Haight-Ashbury, luogo della controcultura di San Francisco. Era il quartiere degli hippy e ancora, dai negozietti ai locali, si respira quell’aria. C’è ancora chi porta i capelli lunghi, barba, baffi. Le donne lasciano crescere i capelli e non disdegnano ancora, nell’abbigliamento, qualche decorazione floreale. Mi fermo talvolta a prendere un hamburger da Cha cha cha. È proprio sulla strada a pochi passi dal parco, ma dentro l’atmosfera da figli dei fiori si attenua, qui ci sono anche tante famiglie che consumano il brunch domenicale. È un posto semplice, ma tutto funziona alla perfezione.

Un’altra cosa che amo fare è andare a sentire musica la sera. amo il jazz, ma anche la classica e il rock. San Francisco ha una buona stagione jazzistica e numerosi club. Soprattutto ha un locale che dedica al jazz ogni singola serata, anzi è un locale doppio, con sede sia in città che nella vicina Oakland, si chiama Yoshi’s (www.yoshis.com). È un club e ristorante giapponese, così si ascolta musica e si cena sushi. Per la classica c’è la sorprendente struttura semicircolare della San Francisco Symphony (www.sfsymphony.org), con concerti di altissimo livello. A settembre Semyon Bychkov dirige Çajkovskij e Shostacovic. Ad agosto ha tenuto banco un omaggio ai Beatles con il Classical Mystery Tour. Ma quello che è interessante è come si consuma la musica. La sala antistante alla Concert Hall ha una parete di vetro che offre una vista su Van Ness Avenue, sulla City Hall, il Municipio e gli altri edifici. Da un lato si trova il bar con numerosi tavolini. È possibile prendere un drink o anche mangiare qualcosa al volo in attesa che arrivi l’ora per il concerto. L’atmosfera è rilassata e informale, così pure l’abbigliamento. Non si viene per essere visti, ma per ascoltare musica di qualità.

Quando sono a San Francisco il mio amico Aldo Blasi, che vive da 40 anni in città e gestisce uno dei migliori ristoranti italiani, il Milano, mi porta ogni volta in un club diverso. Uno è Bimbo ed è proprio su Columbus Avenue, bello. Ma qualche mese fa abbiamo veramente raggiunto il massimo. Io avevo prenotato un biglietto per la Symphony quando Aldo mi informa che ha due biglietti per i Social Distortion, gruppo punk californiano sopravvissuto a molte ere glaciali. E il concerto è al Fox Theatre, Oakland, dall’altra parte della baia. Ho ascoltato il primo tempo del concerto, dopodiché Blasi mi aspettava per andare a Oakland. Si può fare anche questo in California. Ascoltare Mahler alla Filarmonica e mezz’ora dopo saltare insieme a un gruppo di punk a Oakland. Non è che un frammento di weekend a San Francisco. Dal lunedì si lavora, ma la città è lì a disposizione, piena di occasioni: il Sf Moma, Sausalito, Lombard, Market, Castro e Soma. A voi la scoperta.
(Emanuele Bevilacqua)